Salmo 132 - Un’estate per fare la domanda giusta

Se dovessi fare una domanda a Dio, oggi, cosa chiederesti? Immagino che la prima domanda che sorge inizierebbe con la parola “perché?”. Perché mi succede questo? Perché permetti quest’altro? Perché c’è il male? Vogliamo spiegazioni su cose che accadono, pensando di avere il diritto di ricevere risposte. Tutti noi abbiamo queste domande nel cuore: Signore, perché?

Ci sono salmi che contengono domande di spiegazione. Ad esempio, il salmo 73 è una domanda forte: “perché i malvagi prosperano e i giusti sono bastonati?” Tu hai dei “perché” da chiedere a Dio? Siamo liberi di fare queste domande, ma anche Dio è libero di rispondere a suo modo, nei suoi termini, nei suoi tempi. Ad esempio, la risposta al “perché” del Salmo 73 è un cambiamento di prospettiva: vedere le cose da un altro punto di vista, prima sconosciuto o sottostimato.

 

In questo salmo, ci sono due domande di fondo, ma non sono domande che iniziano con perché, ma con “cosa”. La prima domanda è incentrata su cosa posso fare io per Dio; la seconda sposta l’accento su cosa Dio ha fatto per me. Ti sei mai chiesto “cosa posso fare per Dio?”. Ti sei mai soffermato su “cosa invece Dio ha fatto per te?”

 

1. Cosa posso fare per Dio?
Per entrare nella prima domanda, dobbiamo collocarla nella cornice storica appropriata. Lo sfondo storico è rintracciabile in 2 Samuele 7. Il regno di Davide era finalmente solido e stabile e il re aveva costruito per sé un palazzo di muratura. Dopo tante prove e battaglie, si poteva finalmente uscire dalle tende e costruire edifici permanenti.

 

Vivendo questo periodo di relativa tranquillità, il re Davide pensò: “ho costruito il palazzo per me; ma Dio non ha un palazzo, una sede, un tempio, una dimora”. In effetti, l’arca del patto (che conteneva le tavole della legge di Mosè) e che simboleggiava la presenza di Dio in mezzo al popolo non aveva una sistemazione fissa; era ancora in “mezzo ai campi di Iaar” (v.6). Davide si dice: “io ho una casa, un tetto e un letto, ma Dio non ha una dimora” (v.5). Non posso tollerare il pensiero che io abbia tutto e Dio non abbia niente, che io sia sistemato e Dio no. Ecco allora la domanda: “cosa posso fare per onorare Dio?”.

 

Davide decide allora di costruire il tempio per Dio e di farlo in fretta. Ancora prima di averlo realizzato, invita Dio ad entrare: “andiamo nella dimora del Signore” (v.7). “Signore, alzati! È tempo di entrare nel tuo tempio” (v.8) dove i sacerdoti potranno offrire i sacrifici e i fedeli partecipare con gioia alle assemblee” (v.9). La domanda di Davide è ammirevole e il suo darsi pensiero per Dio è encomiabile. Però, 2 Samuele 7 ci dice che a questo punto, succede qualcosa. È Dio stesso che prende l’iniziativa e risponde a Davide e gli dice: “grazie Davide. Apprezzo il pensiero, però non sei tu a dover fare qualcosa per me. Sono io che ho fatto qualcosa per te!”. Nel salmo questo cambio nella direzione di dialogo avviene al v. 10. Lo vedremo a breve.

 

Intanto notiamo che non basta il buon cuore per fare una domanda intelligente. Non basta nemmeno un tenero sentimento per Dio per fare la cosa giusta. Il punto è che, in fondo, Dio non ha bisogno di Davide, non abita in tempi fatti da mano d’uomo e non dipende dal servizio di nessuno (Atti 17,24-25). Anzi, è Lui che dà a tutti la vita, il fiato e ogni cosa! Cosa è in gioco qui? La riflessione cristiana chiama questo attributo di Dio la sua “aseità”. Egli è Sé stesso in sé stesso e da sé stesso. Nessuno gli dice cosa fare, nessuno gli ordina le cose, nessuno si prende cura di lui. Dio non dipende da nessuno, non ha bisogno di nessuno. È Padre, Figlio e Spirito in una relazione di amore e di gioia eterna. Non gli manca niente e non cambia a seconda che abbia o non abbia qualcosa. Lui è la fonte di ogni cosa ed è eternamente glorioso e glorificato.

 

Nel suo slancio umanamente generoso, Davide pensava che, senza tempio, a Dio mancasse un pezzo e che Davide stesso sarebbe stato in grado di darglielo in dono. Aveva pensato che Dio, per quanto più grande di lui, non era a Sé, sempre e pienamente Dio, con o senza tempio di mattoni, con o senza dimora stabile. Infatti, il vero tempio non sarebbe stato neanche quello costruito da Salomone, il figlio di Davide: il vero tempio, il luogo della dimora di Dio tra noi, sarebbe stato Dio il Figlio diventato uomo in Gesù Cristo. Lui è “la Parola diventata carne” che è venuta “ad abitare tra noi, piena di grazia e verità” (Giovanni 1,14).

 

Noi non possiamo fare niente per Dio quasi che Dio mancasse di qualcosa senza. Certo, Egli gradisce il nostro culto, la nostra vita, tutto di noi: non per diventare Lui più Dio, ma perché noi troviamo lo scopo e la pienezza della nostra vita nel darci a Lui.

 

2. Cosa Dio ha fatto per me?
Dunque, il v.10 introduce un cambio di soggetto. Chi parla non è più Davide che vuole fare qualcosa per Dio, ma è Dio che ricorda a Davide cosa Lui ha fatto. La conversazione si inverte. Prima di voler fare qualcosa per Dio, bisogna sapere cosa Lui ha fatto per noi. Se il nostro attivismo non ha assimilato l’evangelo, la storia biblica, le dottrine bibliche, la visione biblica del mondo, rischia di essere auto-centrato, tendenzialmente arrogante e disonorare la aseità di Dio.

 

Cosa ha fatto Dio per Davide?

Lui ha fatto un giuramento (v.11). Ha preso un impegno solenne che non può essere cambiato: ci sarà sempre un regno e a regnare sarà un discendente di Davide per sempre. Infatti, Gesù Cristo è “figlio di Davide” e Re! I figli carnali di Davide sono stati re più o meno validi e poi il regno davidico è politicamente scomparso, ma il giuramento divino riguarda il Re dei re, Gesù Cristo che regna ora e per sempre! Non siamo in una anarchia, siamo nel regno di Dio e sul trono siede Gesù Cristo, per sempre!

 

Dio stesso ha scelto il luogo della sua dimora: Sion (v.13). Non è Davide che ha individuato la località adatta, ma è Dio stesso che l’ha indicata. Non si tratta di un luogo geografico, ma di una comunità di persone raccolte da Dio Padre, credenti in Gesù Cristo e riempite di Spirito Santo. Sion è la chiesa, siamo noi! Noi siamo l’edificio spirituale in cui Dio abita. Nella chiesa c’è la pienezza delle benedizioni divine (v.15), pane e nutrimento per i poveri (v.15b). La chiesa è un popolo sacerdotale (v.16) ed è la casa della gioia (v.16b). Nella chiesa rimane accesa la luce dell’evangelo che splende in questo mondo di tenebre (v.17). I nemici della chiesa saranno svergognati mentre sul Re divino, il Signore Gesù, ci sarà sempre la corona sul capo (v.18). Nessuno potrà usurpare il suo regno e le porte dell’inferno non prevarranno mai sulla dimora del Signore, la chiesa (Matteo 16,18).

 

Wow, questo è ciò che Dio ha fatto per noi! Un giuramento stabile, un patto duraturo, un regno invincibile, un futuro assicurato! Tutto ciò è ricevuto per fede soltanto in Gesù Cristo.

 

Sì, possiamo essere pochi e in condizioni di precarietà. A Roma, la testimonianza evangelica sperimenta questa fragilità in modo particolare e noi lo sperimentiamo in prima persona. Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Gesù Cristo, il nostro Re. Solo se riceviamo per fede quello che Dio ha fatto per noi, possiamo rispondere con la nostra vita intera dicendogli: “Signore, fai di me ciò che vuoi!” Facciamo insieme questa preghiera?


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.