Salmo 130 - Un’estate per attendere l’intervento di Dio

A Roma si grida spesso e per tante cose. Chi grida contro il traffico e la disorganizzazione, chi grida contro ingiustizie subite, chi grida contro lo straniero e il turista, chi grida contro l’amministrazione della città e il governo, chi grida contro il lavoro e i colleghi, chi grida contro familiari e amici. Roma è una città che grida e alza la voce. I romani spesso gridano perché sono impazienti e non hanno speranza. Gridano perché esigono un riscontro immediato e dettato dai loro desideri. Roma è una città dove spesso si accusa l’altro e raramente si incolpa se stessi. Dove le colpe personali sono sminuite e quelle altrui ingigantite. Anche noi siamo influenzati da questa maggioranza.  

La Parola non nega il grido profetico contro le ingiustizie e i peccati del singolo e della società, ma presuppone un altro tipo di grido più profondo e totalizzante. Se possiamo gridare contro e per il peccato altrui (Salmo 129), è perché abbiamo gridato e gridiamo a Dio per il nostro peccato (Salmo 130). Il salmo ci invita a gridare al Dio che ascolta, ad attendere la risposta del Dio che parla e a sperare nel Dio che salva.

1.     Grida, Dio ascolta
Il salmista grida disperatamente perché riconosce l’orrore del suo peccato davanti alla santità e alla giustizia di Dio. È un dolore lancinante, straziante, incontenibile. È un dolore che proviene delle sue viscere, dal suo spirito, dal luogo più profondo della sua persona. Giona, fisicamente e spiritualmente, si trovò nella stessa condizione: “Io ho gridato al Signore, dal fondo della mia angoscia, ed egli mi ha risposto; dalla profondità del soggiorno dei morti ho gridato e tu hai udito la mia voce” (Gn 2,3). Non si tratta di una leggera lamentela, ma di un urlo spirituale e vocale dolorosissimo che proviene della realizzazione della gravità del proprio peccato. Non è il verso di stizza che facciamo quando ci si taglia il dito, è l’urlo che esterniamo quando proviamo un dolore che sappiamo essere incurabile. Il salmista grida forte ed esprime il suo dolore a Dio che lo ha convinto di giudizio per opera del suo Spirito. Riconosce in Dio il suo giudice, colui che conosce intimamente il suo cuore ingannevole, ma anche l’unico che può ascoltarlo.

Dio può chiudere le orecchie alle grida dell’umanità e nessuno potrebbe rinfacciargli la sua decisione. Egli però, nella sua grazia e misericordia, decide di ascoltare il nostro grido perché prima di noi ha ascoltato quello del suo unigenito Figlio, Gesù Cristo. Nel Getsemani, Gesù gridò al Padre non per il peso del suo peccato, ma per la gravità agonizzante del nostro. Gridò perché Dio aveva deciso sì di tenere conto delle nostre colpe, ma di deporle interamente su di lui, l’unico in grado di resistere di fronte alla sua giusta ira. Il Padre ha ascoltato le grida del Figlio, ma non per questo gli ha tolto il calice che doveva bere (cfr. Lc 22, 42). Cristo si è sottomesso alla volontà del Padre e si è sacrificato sperimentando l’angoscia lancinante dei nostri peccati sul suo corpo.   

È solamente per e in Cristo che possiamo gridare a Dio sapendo che egli ci ascolta. Egli non è un idolo che ha orecchie ma non ode. Non trascurare e non stare in silenzio davanti allo Spirito Santo che ti convince di peccato, giustizia e giudizio (Gv 16,8).

In quanto figli, Dio continua a compungerci il cuore per il peccato che commettiamo. Lo ha fatto prima che lo conoscessimo, lo continua a fare da quando lo conosciamo. Egli desidera ascoltare le nostre grida di pentimento e purificarci dalle nostre iniquità. Non rischiare che esso incancrenisca il tuo cuore. Presta attenzione alla voce dello Spirito Santo che ti fa presente la gravità del tuo peccato. Grida al Dio che ascolta.

2.     Aspetta, Dio parla
Dio non solo ascolta, ma parla. Quel “ma” dà speranza al salmista afflitto dal suo peccato. Se non ci fosse quel “ma”, allora le nostre grida andrebbero a vuoto.  Ci troveremmo in un labirinto senza via d’uscita. Il salmista sa che l’unico che lo può perdonare è la stessa persona che l’ha giudicato. Colui che con il suo Spirito l’ha accusato di peccato è lo stesso presso cui c’è perdono. Egli non ripone la sua speranza né in sé stesso né nel suo grido. Come le guardie dell’altare della Patria che attendono il cambio del loro turno, così il salmista attende con fiducia di ricevere il perdono da Dio. Il salmista è atterrito per il suo peccato, ma non si crogiola in esso. Egli ha speranza che Dio lo perdonerà.

Dinnanzi al nostro peccato possiamo confidare in un Dio che parla e perdona perché egli ha già parlato definitivamente attraverso suo Figlio, la Parola incarnata (Cfr. Eb 1,3). Abbiamo ricevuto grazia su grazia riponendo la nostra fede nella Parola di Dio che ha abitato in mezzo a noi e che è morta per noi. Possiamo attendere con aspettativa perché colui che ha parlato, continua a parlare e a perdonare attraverso la sua Parola.

Viviamo in una società dove è comune l’assoluzione dei peccati per mezzo della parola detta da un funzionario religioso. Ci si limita ad attendere la conferma di un’istituzione che si eleva al di sopra dell’uomo e media il perdono con la sua parola consacrata. In altri casi, non c’è nemmeno bisogno di aspettare altri, si pensa di avere solamente bisogno dalla propria parola di auto-consolazione e auto-perdono. In altri casi ancora, si aspetta una parola che nega la realtà del peccato e ridicolizza qualsiasi forma di colpa. Tutti questi sono escamotage per non sottomettersi a Dio e trovare una soluzione che non implica il confronto con la sua parola.  

Il salmo ci insegna ad attendere la voce di Dio, non mediata ma proclamata, non la propria parola imperfetta e inconsistente, non una parola che nega il peccato, ma la parola realista di Dio, che riconosce la gravità del peccato, ma che al contempo perdona. Il salmista attende il perdono non per tagliare la corda o per riprendere un altro stile di vita, ma per sottomettersi al Signore e continuare a camminare nelle sue vie. Chi riceve il perdono, non fugge dal Signore, impara a temerlo.

È con questa attesa di perdono che ti approcci alla Parola di Dio quando il Signore? Non solamente quella letta giornalmente, ma anche quella ascoltata al culto e condivisa reciprocamente. La Parola di Dio penetra nell’anima causando il nostro grido ma è la stessa che ci garantisce il perdono. Confessi il tuo peccato attendendo con certezza il perdono, non per i tuoi meriti ma per quelli di Gesù Cristo? Grida, Dio ti ascolterà. Aspetta, Dio ti risponderà. 

 

3.     Spera, Dio salva
Come con lo zoom della fotocamera, il salmista passa dal primo piano a una prospettiva più ampia. Il suo grido diventa il grido di un intero corpo di persone. Così come lui, anche altri anelano la salvezza. Quest’ultima parte del salmo parla di ciò che è avvenuto, di ciò che avviene e di ciò che avverrà. Il Signore ha redento, redime e redimerà la sua chiesa. Tutto inizia da un grido di morte, tutto finisce in un canto di vita.

Il salmista attendeva la redenzione. Essa è avvenuta per mezzo di Cristo. Noi siamo testimoni della redenzione ricevuta per la fede riposta nella grazia di Cristo. Se da una parte parlo a persone che hanno gridato a Dio per il loro peccato, hanno sperato in lui e sono state redente, è probabile che sto anche parlando a persone che non hanno mai gridato a Dio perché credono non ci sia nulla per cui chiedere perdono. Prego che il Signore ti mostri il contrario. Che il suo Spirito possa toccarti il cuore con le parole che hai sentito oggi: se è veramente dal Signore, sarà il momento più basso (grido di angoscia), ma Dio ti risponderà rendendolo il momento più alto della tua vita (canto di ringraziamento).

Come credenti continuiamo a gridare per il peccato che commettiamo, non più perché separati da Dio ma perché in comunione con lui e desiderosi di temerlo e piacergli. Quello che vogliamo fare, non facciamo e quello che non dovremmo fare, facciamo. Come Paolo, in linea con il salmista, gridiamo: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Rm 7,24). Serviamo Cristo con la nuova natura, serviamo la legge del peccato con la nostra vecchia natura. Viviamo in continua tensione. Una tensione che continuerà ad esistere fino alla nuova creazione quando il peccato cesserà di esistere in noi e intorno a noi. In attese del compimento delle promesse bibliche, la Parola di Dio ci riprende e corregge, lo Spirito Santo ci compunge portandoci a gridare a Dio per il perdono, fiduciosi che “se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Gi 1,9). Grida, Dio ascolta. Aspetta, Dio parla. Spera, Dio salva.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.