Un’estate per...rispondere alle dichiarazioni divine - Salmo 110

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

Ci sono due location e due tempi diversi in questo salmo. La prima location è nello spazio divino, all’interno di una conversazione tra il Padre e il Figlio. E’ uno spazio fuori dalla nostra immaginazione perché abitato da Dio Uno e Trino. Il tempo in cui avviene la conversazione è il tempo di Dio, fuori dal nostro tempo misurato con l’orologio e dentro l’eternità divina.  Quello che accade nello spazio divino e nel tempo divino ha un impatto sul nostro spazio e sul nostro tempo: infatti, il salmo parla di regni, torrenti e territori che fanno parte del nostro mondo e parla anche di azioni che accadono nel nostro tempo come giudizi e di assemblee di persone.

Dunque, questo salmo apre uno squarcio su come Dio governa la storia, su come le cose dette da Dio abbiano una conseguenza, su come l’eternità entra nel tempo, su come la volontà di Dio viene eseguita nel mondo. Puoi pensare che siano cose troppo lontane dalla tua realtà oggi, ma sbaglieresti. Il salmo apre una finestra anche sulla nostra vita e ti dice che anche la mia e la tua vita accadono dentro lo spazio e il tempo che Dio ha loro assegnato. Vuoi sapere cosa Dio ha detto nell’eternità che chiama in causa anche te, qui e ora?

1. Gesù è Re: o dentro o fuori
Come già detto, il salmo si apre con una dichiarazione di Dio Padre fatta a Dio Figlio. Entrambi sono il “Signore”, cioè Dio (v.1). E’ quindi un annuncio che avviene nella relazione tra Padre e Figlio, entrambi Dio e due Persone distinte. Il Padre assegna al Figlio la posizione alla sua destra, a testimonianza dell’intima comunione tra i due. Il Figlio non sta lontano dal Padre, ma accanto al Padre, avendo la stessa natura divina e la stessa dignità divina. Chiamando il Figlio la Parola, Giovanni dirà “la Parola era con Dio, la Parola era Dio” (Giovanni 1,1). Il punto è che Gesù non è un estraneo rispetto al Padre, ma Dio Figlio. Dall’eternità, Lui sta al fianco del Padre, vero Dio da vero Dio, anche se distinto dal Padre.

Nella sua dichiarazione solenne, il Padre lo riconosce come Re sovrano di tutto il mondo creato e, in particolare, come giudice su tutti. Nel mondo c’è e ci sarà un Re giudice. La storia non è in mano al caso o al più arrogante, ma in mano a Dio. Il Figlio avrà il compito di giudicare e nessuno sarà impunito. Nessun atto malvagio sarà lasciato privo di giusto giudizio da parte di Dio. Nell’immaginario popolare, Gesù è spesso identificato solo come Colui che ama e che salva. Ma nel salmo Lui è prima di tutto riconosciuto come Re e giusto giudice.

Questo è l’annuncio solenne. Cosa significa per noi questo? Significa che ci sono solo due modi di vivere. Se Gesù è il giudice che siede alla destra del Padre per esercitare il giudizio divino, si può rispondere o mettendosi al suo servizio diventando parte della sua schiera (v.3) o rimanendone nemici aspettando di ricevere la giusta ricompensa per i nostri peccati. Sono due modi di vivere alternativi. 

Alla dichiarazione che il Figlio è il Re e giusto giudice, possiamo mobilitare le nostre vite per riconoscere anche noi che Gesù è il Signore, dare volonterosamente la nostra vita, le nostre energie, tutto ciò che siamo per partecipare ai suoi piani ed essere parte del suo esercito. Gesù è Re anche se noi non lo riconosciamo. Gli basta la dichiarazione del Padre per essere Re e giudice. Non dipende da noi, ma dipende dal Padre. Lui lo è per diritto divino. Noi possiamo riconoscerlo come tale e disporre le nostre vite di conseguenza. Non in modo burocratico, ma appassionato. Non in modo distaccato, ma militante. E’ questa la nostra risposta?

Se non lo facciamo, non siamo neutrali o equidistanti. Siamo schiacciati dalla sua giustizia. Diventiamo lo sgabello dei suoi piedi. Siamo l’oggetto del suo giudizio. Siamo i condannati dalla sua santità. La chiesa antica ha usato il salmo 110 per mettere di fronte tutte le persone al bivio davanti alla vita di tutti: siccome Gesù è il Figlio Re e Giudice, o si vive per Lui o si è contro di Lui. O si è parte del suo regno o si è nemici di esso (Atti 2,34-35 ed Ebrei 1,13).

La dichiarazione del Padre è irrevocabile. Non cambia con il tempo e con le culture. E’ vera dall’eternità e per l’eternità. Sarà vera anche per quelli che non la considerano o che la disprezzano. Gesù Cristo è il Figlio di Dio, Re dei re, Signore dei signori. Tu da che parte stai? 

2. Gesù è Sacerdote: o santi o persi
La dichiarazione del Padre sul Figlio contiene anche un’altra affermazione solenne. Il Padre non lo riconosce solo come Re, ma anche come Sacerdote (v.4). Il Re è una figura che governa e che ha autorità di giudicare; il Sacerdote è una figura che sta accanto e che interviene a favore di altri. Il Figlio non sta solo sopra di noi come Re, ma anche accanto a noi come Sacerdote. Certo, come il suo regno è divino in quanto dichiarato dal Padre, anche il suo sacerdozio non è un sacerdozio qualunque, ma appartiene all’ordine di Melchisedek (v.4). Il punto è che il sacerdozio di Gesù non trae origine da una tradizione umana o da un ordine religioso stabilizzato, ma da Dio stesso (Ebrei 5,5-10). Melchisedek fu un sacerdote che incontrò Abramo il capostipite del popolo di Dio (Genesi 14) e Gesù è il sacerdote che incontra l’umanità credente in Lui. In più, non esiste un sacerdote come Lui. Come Melchisedek non ebbe successori, Gesù non ha qualcuno che prende il suo posto. E’ un sacerdote divino e unico nel suo genere.

Il Re non è troppo lontano da non essere avvicinabile: c’è un Sacerdote che è vicino a noi. Il Sacerdote non è solo uno simile a noi: è anche Re dell’universo che domina su di noi. Questo è il Figlio: Re e Sacerdote allo stesso tempo. Non puoi prendere il Gesù che vuoi: non puoi prendere solo il sacerdote amorevole ma non il giusto Re. Il Figlio è entrambi e allo stesso tempo: Re giusto e Sacerdote compassionevole. Il Padre lo ha dichiarato sia Re, sia Sacerdote. Se Gesù non è il tuo Re non è nemmeno il tuo Sacerdote.

Cosa vuol dire per noi? Vuol dire che o il Sacerdote santo ci fa dono della sua santità (v.3) in quanto si è avvicinato a noi e noi a Lui o, rimanendo distanti da Lui, non beneficiamo del suo sacerdozio e rimaniamo perduti nei nostri peccati: siamo e rimaniamo “cadaveri” (v.6). Anche qui non ci sono vie di mezzo. O siamo santi perché santificati dal Sacerdote Gesù o siamo cadaveri perché lasciati imputridire dal nostro peccato. 

La risposta giusta al sacerdote è la santità. Il Sacerdote porta la santità di Dio a chi non è santo e si carica della nostra impurità facendoci diventare santi. Gesù in quanto sacerdote ha fatto esattamente questo: ha preso su di Sé i nostri peccati per dichiararci santi grazie alla sua santità. Se crediamo in Gesù siamo come la gioventù rigenerata dalla grazia, come la rugiada che intenerisce e irriga un terreno secco (v.3b).

In conclusione, Dio Padre ha parlato dall’eternità. Ogni cosa l’ha data in mano a suo Figlio, il Signore Gesù. Lui è il Re giudice, Lui è il Sacerdote salvatore. Rispetto a Lui tu dove sei? Sei dalla sua parte o contro di Lui? Sei rivestito della santità o puzzolente come un cadavere?

Per noi credenti in Cristo, la domanda è: la nostra risposta alla grazia di essere nel suo regno e salvati dal suo sacerdozio è “volonterosa” o trascinata stancamente? La nostra risposta è fresca come rugiada o stantìa come acqua stagnante? Ringraziamo Gesù, nostro Re e Sacerdote, e viviamo con Lui e per Lui! Non c’è migliore vita di questa.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.