Speranza che brilla nelle tenebre - Isaia 9,1–6
Da quando vivo a Roma, ho notato che molte vie della città sono completamente al buio. Uno si aspetterebbe che l’illuminazione sia garantita per la sicurezza delle persone e per questioni estetiche. Mi sono chiesto se fosse intenzionale (risparmio energetico) o se fosse un problema persistente in attesa di risoluzione. Google mi ha confermato la seconda ipotesi. Basta scrivere “Roma città buia” sulla barra di ricerca che escono decine e decine di articoli sulla questione. Ecco alcuni esempi di titoli: “Perché Roma è al buio?”, “Roma come Gotham City”, “Roma è una città buia”, “Roma Capitale al buio. L’illuminazione non c’è”, “ROMADICEBASTABUIO”. L’opinione pubblica si lamenta che Roma è materialmente buia, ma quanti si rendono conto che sono spiritualmente ottenebrati e acciecati dal peccato?
Quando Isaia pronunciò queste parole, il regno di Giuda era terrorizzato dall’avanzata dell’impero Assiro. Il popolo viveva nel buio sociale, politico e morale, ma, come a Roma, il problema era più profondo perché di carattere spirituale. Il popolo non aveva riposto la sua fiducia in Dio, ma nei suoi idoli. Isaia profetizza l’arrivo di una luce, di una liberazione, di una pace diversa da quella attesa dalla maggioranza. Egli non annuncia l’arrivo di un nuovo esercito o di un re con una strategia militare migliore, ma la nascita di un bambino, cioè il Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo. Mentre il popolo era venuto meno al patto, Dio tramite Isaia continuava a ricordare al popolo che egli non era venuto meno. Un giorno le sue promesse si sarebbero adempiute in Cristo.
1. Luce che illumina le tenebre
Isaia annuncia una luce che viene vista dal popolo mentre esso è ancora nelle tenebre. Essa viene da fuori. La salvezza proviene dall’intervento di Dio. È una luce rivelata, esterna all’uomo. Il primo passo è fatto dalla luce verso il popolo, non il contrario. Essa illumina persone che non si rendono conto di abitare nel paese dell’ombra della morte. Sì, sono oppresse, ma pensano che il problema ultimo sia sociopolitico, non spirituale. Solamente quando vedono la vera Luce si rendono conto di aver trascorso la loro vita nelle tenebre più buie.
La Luce annunciata da Isaia prima, e dal Battista poi, è Gesù Cristo stesso. Gesù è la luce del mondo, la grazia in persona, che ha illuminato le tenebre e le tenebre non l’hanno potuta sopraffare (Gv 1, 5). A motivo del peccato, Il nostro cuore era ottenebrato e indurito. Eravamo estranei alla vita di Dio e vagavamo nel buio spirituale. Cercavamo inutilmente di illuminare le nostre vite ottenebrate dal corto circuito del peccato pensando che il problema fosse qualche interruttore (accessorio), ma non tutto l’impianto (sistemico). Pensavamo di poter risolvere personalmente il problema, rifiutandoci di chiedere aiuto o cercandolo a modo nostro. Il Signore è venuto per rivelarci il problema e per essere la soluzione stessa del problema. Egli è venuto, pieno di grazia e verità, affinché per mezzo suo e del suo sacrificio contemplassimo la sua gloria, la gloria di Dio. La grazia del Signore ha toccato per mezzo dello Spirito Santo i nostri cuori e le nostre menti oscurate dal peccato, risuscitandoci dalla morte spirituale e trasportandoci nel suo regno.
La Luce che ci ha convertito al vero Dio non si è ritirata o dissipata. Essa continua ad essere presente, perché il Signore Gesù continua a regnare alla destra del Padre. Egli ci guida attraverso la luce dello Spirito Santo e la Parola che è luce sul nostro sentiero, lampada sul nostro cammino (119,105). Come chiesa, riflettiamo la luce di Cristo. In una città “buia” come Roma, siamo chiamati ad essere luce che riflette la salvezza, la grazia, la speranza di Gesù Cristo.
Riconosci di aver bisogno di questa Luce? Non si tratta di un’intuizione intellettuale (Eureka!), ma di riconoscere di essere sommerso nelle tenebre del peccato e di necessitare la grazia di Dio, offerta per mezzo della fede in Cristo Gesù. Credi tu che egli è la Luce del mondo? Credi tu che egli è la rivelazione di Dio? Credi tu che egli è Signore e Salvatore?
2. Libertà che svincola dall’oppressione
La Luce di Dio non solo illumina, ma libera dalle catene del peccato. Il popolo d’Israele viveva sotto l’oppressione spirituale. Molti credevano che l’oppressione fosse solamente politica, ma in realtà non si rendevano conto che essa era radicata in qualcosa di più profondo e totale. Il “giogo”, “il bastone”, “la verga” rappresentano il peccato che incatena, opprime, stritola, schiavizza, avvilisce, umilia e uccide l’uomo. Chi non rimette la sua fiducia in Dio, ma in sé stesso e negli idoli del suo cuore, vive in questo stato pietoso e avvilente. In Adamo, abbiamo scelto di non fidarci delle parole di Dio, parole di verità, vita e vera gioia, ma abbiamo deciso di credere alle parole del serpente, parole false, opprimenti e di morte.
A motivo del sacrificio di Cristo abbiamo gioito come nel giorno di Madian, quando Gedeone e i pochi uomini al suo seguito riuscirono a sconfiggere i madianiti, non per via della loro (poca) forza, ma perché Dio era intervenuto agendo attraverso la loro debolezza (Giudici 7). Isaia annuncia al popolo la libertà dal peccato non per mezzo di un valoro guerriero politico osannato e riverito da tutti, ma per via di un “uomo di dolore, famigliare con la sofferenza” senza “forma né bellezza da attirare i nostri sguardi” (Is 53,3). Il Figlio di Dio incarnato si è sottomesso al Padre e si è diretto umilmente verso la croce affinché per mezzo del suo sacrificio noi fossimo liberati dal giogo del peccato e sperimentassimo in unione con Cristo la sua gioia, la gioia della salvezza. Non una gioia momentanea, ma una gioia radicata nella certezza della grazia di Dio.
Siamo stati liberati non per essere indipendenti da Dio, ma per essere dipendenti da Lui e non dal peccato. Eravamo schiavi del peccato che conduce alla morte, ora siamo schiavi dell’ubbidienza che conduce alla giustizia (Ro 6,16-18). Non indossiamo più il giogo del peccato, ma il giogo dolce e leggero di Cristo (Mt 11, 28). Vogliamo vivere ogni giorno con la consapevolezza della realtà della redenzione, non come prigionieri graziati, ma che continuano a rimanere in cella (Lc 4,18).
Esaminiamo la nostra vita e valutiamo davanti a Dio e in comunione con la chiesa se ci sono gioghi che ci tengono legati ai desideri e alle passioni del nostro vecchio uomo. Quali sono i gioghi del tuo cuore? Quali sono i gioghi della cultura dominante che continuano ad influenzarti? L’apparenza? Lo status sociale? Il potere e la visibilità? Il compromesso? Il comfort? La lussuria? Il perfezionismo? L’individualismo? La rassegnazione? Il menefreghismo? L’egoismo? Il cinismo e il pessimismo? “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù” (Ga 5,1)
3. Pace che regna eternamente
Isaia annuncia la venuta di Cristo, usando quattro meravigliosi appellativi. Egli è chiamato Consigliere ammirabile perché è la sapienza incarnata di Dio. Nelle sue parole, nelle sue opere e nella croce ha mostrato la sapienza redentrice di Dio. Egli è il Dio potente che ha sconfitto il peccato, satana e la morte attraverso il suo sacrificio e la vittoria della risurrezione. Egli è il padre eterno perché si prende cura, provvede, guida e ama con compassione eterna. Egli è il Principe della pace perché attraverso il suo sangue siamo stati riconciliati con il Dio trino. Nel peccato eravamo nemici di Dio; in Cristo siamo stati riconciliati, giustificati, adottati e pacificati.
La pace di Cristo si estende su tutta la creazione, è una pace cosmica. Il suo sacrificio ha riconciliato a sé tutte le cose perché tutte le cose sono state per mezzo di lui e in vista di lui. Egli ha inaugurato il suo regno (“impero”) ed esso continua a crescere, moltiplicando coloro che ne diventano cittadini (v. 2). Il regno di Cristo non è di questo mondo, ma avanza dentro questo mondo, fino a quando egli tornerà per ristorare definitivamente ogni cosa. Allora, la sua gloria verrà rivelata completamente e ogni ginocchio si piegherà davanti a lui.
Roma potrà anche essere una città buia, oppressa e senza pace, ma il Signore Gesù non è venuto per posizionare un regno a pari livello con Roma e nemmeno per evitare Roma, ma per inaugurare e prevalere sul regno delle tenebre, Roma compresa. La Luce di Cristo non si spegne ma cresce, la sua libertà non si perde, la sua pace non ha fine. Il regno di diritto e giustizia è stato inaugurato e non potrà mai essere debellato.
Un giorno, quando Cristo tornerà, non ci saranno più tenebre, oppressione, conflitti e ingiustizie. In quanto chiesa che riconosce Cristo come re e appartiene al suo regno, siamo chiamati ad essere promotori e operatori di ciò che ha compiuto e inaugurato. Abbiamo conosciuto la luce e siamo guidati dalla luce dello Spirito e della Parola (Slm 119, 105), ora siamo luce del mondo, abbiamo conosciuto la libertà, possiamo essere agenti di liberazione dall’oppressione, abbiamo conosciuto la pace, possiamo essere pacificatori, abbiamo conosciuto la giustizia, possiamo essere operatori di giustizia.
Testimoniamo colui che è Luce, Libertà e Pace, mentre lo imitiamo, godendo del regno di cui siamo cittadini e facendolo avanzare per la potenza dello Spirito Santo finché egli venga.