Speranza nella paura - Isaia 7,1–16

Quando si parla di paura, si deve farlo sempre con cognizione di causa e senza superficialità. Se associamo alla paura le percezioni vicine e prossime di ansia, angoscia, agitazione, sopraffazione, ecc., capiamo che stiamo toccando un tema delicato e profondo. Non lo si può banalizzare. Chi ha paura, chi sente paura, chi vive la paura non deve essere colpevolizzato in modo semplicistico e moralistico. D’altra parte, alzi la mano chi non ha paura di qualcosa? Siamo tutti nella stessa barca. La vita è un costante incontro e scontro con la paura. C’è un senso che vivere significa provare a gestire la paura.

 

Questo testo parla di persone che hanno avuto paura (v.2) e che paura! Si sono agitati così tanto da sembrare alberi sbattuti dal vento forte. A queste persone viene annunciato un messaggio di speranza. Lo vogliamo ascoltare? Questo messaggio offre tre potenti antidoti alla paura. Li vogliamo considerare anche per noi?

 

1. La voce divina calma
Cosa aveva generato la paura? Due stati vicini (Siria e Israele) si erano coalizzati e avevano dichiarato guerra al popolo di Giuda (v.1). Il rischio era di essere schiacciati da nord. Il pericolo era di essere sterminati. È ovvio che tutto ciò aveva seminato terrore nel re di Giuda (Acaz) e nel popolo intero. La loro paura non era stata generata da un fantasma o da una situazione inventata: il rischio era concreto e imminente. A volte le nostre paure si nutrono dentro la nostra fantasia ansiogena, ma in questo caso c’erano motivi oggettivi per essere terrorizzati.

 

A questo punto, Dio invia Isaia con un messaggio rivolto al re Acaz. Il messaggio è: “stai calmo, tranquillo, non avere paura” (v.4). Questi re che minacciano non faranno niente. Il pericolo si sgonfierà (vv.7-9) e anzi questi re saranno abbattuti. “Abbiate fede” (v.9). Senza fede non si può affrontare e men che meno superare la paura. In questo caso, avere fede significa fidarsi di Dio e della sua parola che dà una prospettiva diversa sulla realtà. Agli occhi di Acaz la situazione è inquietante, agli occhi di Dio no. Perché? Perché Dio vede tutto e sa cosa succederà. Lui sa che di lì a poco i re aggressori sarebbero stati annientati. Ecco il punto: la voce di Dio può calmare perché Dio vede tutto, sa tutto e governa su tutto.

 

Quando hai paura che voci ascolti? La voce di chi ascolti? Di certo qualcuno/a ascolti: la tua voce che approfondisce la spirale della paura? La voce di altri che illudono o ingigantiscono o depistano? Chi ascolti? Chi scegli di ascoltare? La paura è sempre in agguato, ma se ascolti la voce di Dio nella sua Parola, ecco che potrai ascoltare la sua prospettiva che riordina i moti scomposti del nostro cuore. La Bibbia è colma di inviti a non avere paura, a non temere, ad avere fede! Questo è il primo antidoto alla paura. Lo usi o lo lasci nel cassetto?

 

2. Il figlio divino è presente
Isaia si presenta al re Acaz con la parola di invito alla calma da parte di Dio. Non si presenta da solo, però. Con sé porta suo figlio. Il nome di questo bimbo è programmatico: Sear-Iasub (v.3) che vuol dire “un resto tornerà o si convertirà”. Il nome del bimbo rinforza il messaggio di speranza. La sua presenza incarna la speranza di un futuro di vita e di conversione. Non è tutto. Infatti, dopo aver dato il messaggio di speranza al re, Isaia annuncia la venuta di un altro bimbo che comparirà sulla scena. Non più il figlio di Isaia, ma il figlio di una giovane a cui sarà dato nome Emmanuele (v.14), che vuol dire “Dio con noi”.

 

Dalla Bibbia sappiamo che quando Gesù nacque, questo annuncio fu ricordato e applicato al bambino Gesù (Matteo 1,23). Lui è “Dio con noi”. Gesù è il principe della pace, Gesù è venuto a sconfiggere i principati e le potenze nemiche per portare la shalom di Dio nel mondo. Gesù è la parola di Dio fatta carne, diventato uomo. È una presenza vicina, prossima, amica, sempre pronta nelle difficoltà. Per questo il messaggio di speranza di questo testo raggiunge anche noi e va ben oltre la circostanza specifica del re Acaz e della minaccia d’invasione al suo tempo. Il piccolo Sear-Iasub fu un incoraggiamento in quella circostanza specifica. Il bambino Gesù, Emmanuele, è decisivo sempre e dovunque e per tutti quelli che credono in Lui.

 

In ogni situazione di vita, anche la più inquietante, abbiamo la Parola di Dio che invita alla calma e abbiamo il Figlio di Dio diventato uomo che ci assicura che il Signore è con noi. La Parola scritta e la Parola incarnata. Possiamo leggere, meditare, ascoltare, assimilare la prima. Possiamo avere comunione, intimità, preghiera, dialogo, confessione, vicinanza con la seconda. Di fronte alla paura, non abbiamo un solo antidoto, ne abbiamo due che si rinforzano a vicenda. Li usiamo? Ne beneficiamo?

 

3. Il segno divino vale oggi e per sempre
Torniamo alla storia del capitolo 7. Nel rivolgersi al re Acaz, Dio lo invita a chiedere un segno (v.10): una dimostrazione tangibile della credibilità della parola di speranza ricevuta. È Dio che lo invita a chiederlo, ma Acaz rifiuta di chiedere un segno (v.12). Sembra chiuso alla possibilità di credere. Forse non vuole credere alle promesse di Dio e vuole mantenersi scettico, disimpegnato, distante rispetto ad esse. Anche noi spesso, di fronte alla parola di Dio che ci invita a chiedere un segno, preferiamo di no: vogliamo mantenere la nostra “libertà” di avere paura e di non permettere a Dio di intrudere nella nostra vita per calmarla.

 

Di fronte al diniego di Acaz, Dio non demorde e decide di dare Lui stesso un segno (v.14): nascerà l’Emmanuele, Dio con noi. L’iniziativa è di Dio, non più di Acaz. Il segno non è più temporaneo, ma permanente e associato a Gesù Cristo. Ora, nel suo ministero terreno, Gesù parlò spesso di “segni” (sono 7 nel vangelo di Giovanni e sono associati ai suoi miracoli), come attestazioni visibili della sua grazia e della sua potenza. Oltre a questi segni, anche il battesimo e la Cena del Signore sono stati chiamati “segni” (per il battesimo, cfr. CdF 1689, art. 29): segni della identificazione con Gesù Cristo (battesimo) e della comunione con Dio Uno e Trino (Cena del Signore). Il punto è che gli ordinamenti del battesimo e della Cena sono segni visibili delle promesse di Dio. Ogni volta che celebriamo i “segni” ricordiamo un potente messaggio anti-panico e di incoraggiamento: sono i “segni” che Dio si è impegnato con noi e che niente e nessuno potrà toglierci dalla sua mano o alterare il Suo piano. Questo è il motivo per cui Dio li ha dati alla chiesa.

 

Ecco i tre antidoti alla paura: la Parola è udibile, l’Emmanuele è vicino, il segno è visibile. Abbiamo tre antidoti alla paura. Sono distinti ma intrecciati. Ci vengono a rinforzo l’uno dell’altro. Hanno una forza cumulativa che non lascia scoperto niente e che tutto tocca.

 

Domanda: con questi tre potenti antidoti, perché i credenti (noi per primi) panicano, crollano di fronte alla paura, si rivolgono in modo disinvolto a farmaci o a guru della psiche che hanno antidoti che nulla hanno a che fare con l’evangelo?

 

Se stai vivendo una paura oggi, puoi fare tua la preghiera del Salmo 42,11?
Perché ti abbatti anima mia? Perché ti agiti in me?
Spera in Dio perché lo celebrerò ancora
Egli è il mio Salvatore e il mio Dio

 

La Parola consola, Cristo è in te, i segni nutrono la fede. Questi sono gli antidoti. Per chi crede, la paura non avrà più l’ultima parola.


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