Speranza x 2 - Isaia 40,1–11
“Mamma, mamma”; “aiuto, aiuto”; “guarda, guarda”. Quando ripetiamo il nostro invito o comando è perché vogliamo dargli un’enfasi particolare. Vogliamo attirare l’attenzione ed essere sicuri di essere ascoltati. Ebbene, in questo capitolo 40, tramite il profeta Isaia, Dio ripete due volte ben tre inviti. Già un invito di Dio va ascoltato, ma qui Lui addirittura lo raddoppia, lo intensifica: è come se ci mettesse con le spalle al muro dicendoci: “ascoltate e ubbidite”! Vogliamo ascoltare i suoi inviti?
Il capitolo 40 apre una nuova sezione del libro di Isaia, chiamata il “libro della consolazione”. Dal cap. 40 al 55, infatti, il profeta annuncia la speranza che il popolo di Dio può nutrire nell’intervento di Dio stesso tramite il suo “servo”. Dopo 700 anni dalla scrittura di questo testo, Gesù si sarebbe identificato con quel servo venuto a consolare, a salvare e a prendersi cura del suo popolo. Dunque, il “libro della consolazione” è stato letto in modo messianico, cioè come profezia che prepara la venuta, il messaggio e l’opera di Gesù Cristo. Noi che viviamo dopo la venuta di Gesù, il servo di Dio, il Messia, possiamo ascoltare i doppi inviti di Dio sapendo che si sono realizzati in Gesù e che sono attuali ed efficaci per tutti quelli che li ascoltano con fede.
1. Consola-consola chi si affida a Dio (1-5)
Il primo invito è “consolate, consolate” (v.1). È arrivato il tempo della consolazione. Dopo l’annuncio e l’esecuzione del giudizio di Dio, dopo le lacrime e il dolore della punizione del peccato, è arrivato il momento della consolazione profonda. La Bibbia dice che Dio è il “Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1,3), addirittura lo Spirito Santo è chiamato il “Consolatore” per eccellenza (Gv 14,26). Hai sperimentato la consolazione divina?
Le nostre consolazioni prossime, quelle di amici, sorelle, fratelli, sono importanti ed è bene stare vicino a chi soffre o affronta la prova. La consolazione divina però è decisiva. Perché? Perché tratta il guaio radicale della vita. Non è la mancanza di salute, non è la sofferenza, non è la prova ciò che la consolazione divina tratta. Ovviamente sono dolori da cui possiamo essere consolati, ma solo Dio può consolare rispetto al nostro cancro inguaribile. Non è la malattia, ma il peccato contro Dio, la schiavutù del peccato in cui siamo paralizzati, l’iniquità, il debito che grava sulla nostra testa (v.2). Questo è il dramma della vita da cui la consolazione divina ci solleva. A causa del peccato, la vita è qui paragonata ad un deserto arido (v.3), ad un percorso ad ostacoli pieno di trappole e di sentieri impossibili (v.4).
Perché allora la consolazione? Perché Cristo ha fatto finire il tempo della schiavitù: siamo liberi. Cristo ha pagato il debito del nostro peccato; addirittura ha pagato il doppio, tanto abbondante è stata la sua grazia. Cristo ha coperto le buche pericolose della vita e ha appianato le strade impercorribili.
Forse oggi sei in cerca di una consolazione per un problema che stai vivendo e sono certo che il Dio di ogni consolazione saprà consolarti in modo appropriato. Oggi la Parola di Dio ti invita però a ricevere la consolazione divina per la soluzione al vero e tragico problema: quello a cui nessuna consolazione umana può sopperire. Quella divina è una consolazione profonda perché tocca il cuore della nostra vita. Il servo di Dio, Gesù Cristo, è venuto per rendere possibile la consolazione divina. E con questa consolazione divina, Dio promette ogni altra consolazione.
Se i nostri peccati sono perdonati da Cristo, questa è una consolazione profonda e dunque possiamo essere consolati su tutto. Se cerchiamo consolazione fuori da Cristo e dal perdono dei nostri peccati, le consolazioni che otterremo saranno effimere e inefficaci. Per questo il Catechismo di Heidelberg (1563) inizia con la domanda: “Qual è il tuo unico conforto in vita e in morte?”. Risposta: “Che io, con il corpo e con l’anima, sia in vita sia in morte, non sono mio ma appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo, il quale, con il suo prezioso sangue, ha dato piena soddisfazione per tutti i miei peccati mi ha liberato da ogni potere del diavolo e mi preserva così che, senza la volontà del Padre mio che è nei cieli, neppure un capello possa cadermi dal capo”. “Consolate, consolate” dice la Parola di Dio. Sei consolato?
2. Grida-grida che la vita è breve (6-8)
Il secondo invito addirittura invita a gridare (v.6). Già ripetere due volte un invito significa insistere. Qui l’invito è a gridare, alzare la voce, farsi sentire in modo che tutti ascoltino. Cosa c’è da gridare? E’ un avvertimento a non sovraccaricare la vita di aspettative e a fondarla non su ciò che passa ma su ciò che è eterno. Come l’erba, la vita è bella ma fragile (v.6). Oggi c’è, domani non più. Come il fiore, la vita è colorata ed emana profumo, ma domani appassisce (v.7). Quando sfiorisce basta un soffio per far volare i petali (v.7).
Solo la parola di Dio dura per sempre. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno (Ebrei 13,8). Tutto passa, la Parola no. Tutto finisce, le promesse di Dio no. Tutto termina (vacanze, lavoro, famiglia, casa, carriera, realizzazioni), il piano di Dio sussiste. Ai credenti dispersi ed impauriti nell’impero romano, l’apostolo Pietro usa queste parole per incoraggiarli (1 Pietro 1,24-25): guardate le cose dal punto di vista della Parola di Dio che non passa. Non attardatevi a riconcorrere la vita che oggi c’è e domani no; vivetela fondati sulla Parola e radicati in essa. Allora potrete costruire qualcosa di significativo.
Molte persone vivono in una grande bolla. Inseguono ciò che passa e non si curano di ciò che rimane. Investono tutto su cui che domani non c’è più e trascurano ciò che rimarrà. A volte anche i credenti vivono in questa bolla falsa che prima o poi scoppierà. Per questo abbiamo bisogno che qualcuno ci gridi, gridi di non invertire le priorità, ma di coltivare ciò che è eterno e vivere con sobrietà e generosità ciò che passa. Paolo ci invita ad avere lo sguardo non alle cose che si vedono (che sono per un tempo e finiscono), ma a quelle che non si vedono (che sono eterne) (2 Cor 4,18). Grida, grida queste cose per non essere preso nel vortice dell’effimero e perdere di vista ciò che conta davvero: la parola del nostro Dio!
3. Porta-porta la buona notizia (9-11)
Infine, il terzo invito ripetuto due volte. Chi ha ricevuto la consolazione divina è invitato con insistenza a portare la buona notizia. Dove? Sopra un alto monte (v.9); alle città (Gerusalemme e Giuda, v.9). In altre parole, dappertutto.
Qual è la buona notizia? “Ecco il vostro Dio, ecco il Signore” (vv.9-10, anche qui ripetuto due volte). La buona notizia è Dio stesso! Dio che è giusto ed esegue il suo giusto giudizio (v.10); Dio che è pastore che si prende cura di noi (v.11).
In effetti, Dio è venuto in Cristo e ha eseguito il suo giudizio: per chi crede Gesù ha preso su di sé il giudizio di Dio morendo in croce. Cristo verrà la seconda volta per eseguire il suo giudizio su chi non è coperto dal suo perdono. Chi ha creduto è stato già giudicato perché Cristo ha preso il suo posto. Chi non crede sarà giudicato. Questa è una buona notizia perché c’è ancora tempo per credere e ricevere il perdono dei peccati.
Inoltre, Dio è venuto in Cristo per essere il buon pastore e prendersi cura di noi. Chi ha creduto in Cristo è curato, preso in braccio, portato al petto dal buon pastore (v.11). Questa è una buona notizia per chi la riceve e la assapora.
Dunque, portiamo-portiamo questa buona notizia intorno a noi, senza stancarci, senza scoraggiarci. In ogni occasione, pianificata o estemporanea parliamo di Dio e invitiamo le persone a conoscerlo. Non di noi, ma di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, dobbiamo parlare e rendere testimonianza. “Ecco il nostro Dio”: questo è il nostro messaggio. Vieni a conoscerlo, ricevi la sua consolazione, sperimenta il calore del suo abbraccio.