Vera speranza per cuori spezzati - Speranza. Perché ne abbiamo bisogno - Isaia 1,1-21

Nel nostro contesto spesso troppo critico e cinico di Roma, vi considerereste persone piene di speranza? Cosa vi dà speranza? Dove la cercate? In cosa riponete la vostra speranza? E l’avete mai persa? Ti sei mai trovato in una situazione “senza speranza”, tradito da qualcuno di cui ti fidavi, o quando la vita non è andata come pensavi? Forse ti sei sentito sopraffatto dal caos nel mondo, nella nostra città, nella tua casa, o persino nel tuo cuore? Ti sei mai sentito affranto o sei diventato cinico, come se non ci fosse più vera speranza? Isaia ha un messaggio per te.

 

Le parole del profeta Isaia che leggeremo nei prossimi mesi non furono scritte tutte in una volta, ma pronunciate lungo decenni di ministero. Erano rivolte prima di tutto al popolo di Giuda, ma si allargavano a Israele, alle nazioni vicine e, alla fine, al mondo intero. Anche se legate al suo tempo, rimangono attuali oggi: parole dure di giudizio, ma soprattutto parole di vera speranza per chi ha il cuore spezzato. Isaia iniziò il suo ministero circa 28 secoli fa, intorno al 740 a.C., durante i regni di più re di Giudea, a Gerusalemme.

 

Era un profeta con accesso alle corti reali, ma il suo compito non era di compiacere i potenti: doveva mostrate che il pericolo più grande per la pace non veniva dai nemici esterni, ma dal cuore malato del popolo davanti a Dio. In quel tempo, infatti, il popolo di Dio era diviso in due regni: Israele al nord e Giuda al sud. Entrambi affrontavano minacce dalle nazioni vicine, ma il problema più profondo era spirituale. Per questo Isaia parla ancora oggi, per aprire i nostri occhi sul nostro bisogno disperato di speranza. E nel primo capitolo il suo messaggio si riassume in tre parole: Colpa, Vuoto, Speranza?.

 

1.Colpa. La malattia che ci divora (vv. 2–9)

Colpa! La parola del Signore inizia nel versetto 2 con una convocazione in tribunale: il processo sta per iniziare. Dio è il Giudice che ha parlato. Tutto il creato è chiamato a testimoniare. L'imputato? Giuda, il popolo di Dio. L'accusa? Ribellione. Hanno abbandonato il Signore, disprezzato il Santo d'Israele e gli hanno voltato le spalle e si sono allontanati (v. 4). In termini di alleanza, hanno tradito la fede e non hanno riposto la loro fiducia proprio in quel Dio che li ha salvati dall'Egitto, che ha dato loro la Sua Legge perfetta, e che ha dimorato in mezzo a loro.

 

Il Signore disse nel versetto 3 che anche gli animali conoscono il loro padrone, ma Giuda si rifiuta di riconoscere il proprio, e ora viene descritto con gli stessi termini usati per le nazioni pagane che lo circondano: una nazione peccatrice. Un popolo carico dall'iniquità, razza di malvagi, figli corrotti! Figli che hanno disprezzato l'amore del Padre, voltando le spalle a Colui che li aveva salvati e amati. Davanti al Giudice Divino, erano colpevoli fino in fondo.

 

Poi, nel versetto 5, Isaia cambia l'immagine: Dio, come un medico che fa una diagnosi, e Giuda, che aveva una malattia terminale che lo stava consumando dall'interno. La malattia: la colpa. La prognosi: non buona. I versetti 5-6 ci mostrano il paziente sul tavolo operatorio. Il corpo è malato dalla testa ai piedi. Il cuore è malato, completamente malvagio, e contagia tutto il resto. La ribellione del popolo ha portato il giudizio e gravi conseguenze. Erano feriti. Sono malconci. Non vengono curati. Sono malati terminali! Non si tratta di una piccola ferita. Non è solo un piccolo livido, o una frattura capillare, ma un colpo mortale. La loro colpa, il loro peccato, fu un cancro aggressivo e devastante. Poi il Signore disse che la malattia si è diffusa oltre la persona. I versetti 7-9 dicono che la loro città e il loro territorio erano state devastate e lasciate senza protezione. Il versetto 21 dice che la città una volta fedele, era diventata una prostituta, corrotta fino in fondo e pronta per il giudizio.

 

Amici, questo va ben oltre il popolo di Giuda. Non fu solo la situazione di Giuda. Paolo usa un linguaggio simile per parlare di tutti noi. In Romani 3,10-12 scrisse:

 

«Non c’è nessun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, {no,} neppure uno».

 

Dal momento in cui veniamo concepiti nel grembo di nostra madre, la malattia inizia a divorarci e il senso di colpa per il nostro peccato inizia a consumarci. Ma va oltre noi. È come l'influenza, si diffonde. Questo è ciò che fa il peccato. Ci rovina, infetta le nostre relazioni, distrugge le nostre case, si infiltra nelle nostre città, e lascia le persone disperatamente alla ricerca di speranza, ma cieche di fronte alla causa del caos e, dell’ingiustizia, e della morte.

 

Quando dici una bugia, presto nessuno si fida più di te; quando gli amici diventano gelosi, l'amicizia si rompe; quando le famiglie litigano, tutta la casa si sente male. Vediamo dipendenze che consumano una vita, matrimoni che crollano sotto il peso dell'amarezza, chiese divise dall'orgoglio o dai pettegolezzi. Intere città soffrono di povertà e corruzione. Quando le famiglie si disgregano, i quartieri perdono la fiducia. Quando le chiese si raffreddano, la comunità che le circonda vede una testimonianza malata. Il peccato si diffonde verso l'esterno: dal cuore, alla casa, alla città. Il peccato ci fa stare male dentro, distrugge le nostre relazioni e la nostra comunità.

 

Colpa! Siamo tutti nati malati terminali. Fino a quando il Signore non parlerà; fino a quando il Giudice non aprirà la seduta del tribunale; fino a quando il Medico Divino non ci dichiarerà la nostra condizione, siamo senza speranza. La parola del Signore attraverso Isaia in questi capitoli iniziali è questa: Il popolo e la città che Dio aveva chiamato ad essere un faro di giustizia erano un covo di malfattori. Giuda era colpevole di peccato davanti a Dio…e così siamo tutti. Senza cura, il senso di colpa divora i nostri cuori e la nostra società.

 

2. Vuoto. L'inganno che ci illude (vv 10-15)

Vuoto! E se non bastasse, il peccato non solo ci consuma, ma ci inganna e ci illude con false medicine, ci lascia sempre più vuoti. Nei versetti 10-15 vediamo che il loro peccato ha contagiato anche il loro culto. Adoravano come i pagani, compiendo i riti religiosi per placare Dio, senza pentirsi. Pensavano che essere discendenti di Abramo e partecipare ai sacrifici e alle cerimonie fosse "sufficiente". Ma il Signore dice che il loro culto era ripugnante, schifoso, puzzolente, un peso per Lui che Lo stancava.

 

Il popolo pensava che, se avesse rispettato i precetti religiosi, avrebbe potuto continuare nella malvagità e nell'idolatria. Si consolava con dei paragoni: «Almeno non siamo cattivi come Sodoma e Gomorra!». Ma nel versetto 10, il Signore li sconvolge. Li chiama capi di Sodoma e popolo di Gomorra! I loro sacrifici, le loro offerte, le loro preghiere, le loro feste erano ipocrisia. Perché?

 

Poiché allo stesso tempo cercavano altri piaceri, commettevano ingiustizie e ignoravano i bisognosi. Invece di essere una nazione santa che mostrava la giustizia, la santità e la misericordia di Dio, erano diventati pagani come le nazioni che li circondavano. Nessun rituale religiosa poteva guarire i loro cuori spezzati. Come potevano le loro parole e le loro mani essere accettate nell'adorazione, quando provenivano da cuori malvagi? Invece di fidarsi di Dio, il popolo di Giuda si fidava di sé stesso. Stavano cercando di curare da soli la loro malattia invece di ascoltare il Medico Divino.

 

Pensate a quest'anno a Roma, con il Giubileo chiamato "l'anno della speranza". A milioni di pellegrini viene detto che attraversando delle porte, salendo dei gradini in ginocchio, compiendo dei rituali, possono guadagnarsi la grazia e cancellare le conseguenze dei peccati. È un inganno vuoto! È una cura falsa! Ma non si tratta solo dei pellegrini.

 

Molti dei nostri vicini e amici non si definirebbero mai religiosi, ma confidano nella loro bontà: «Sono una brava persona. Cerco di fare del bene». Anche loro sono ingannati e lascati vuoti, e la nostra città malata. Ecco il punto: Una città può sembrare molto religiosa fuori, ma essere davvero malata dentro. Prendi Roma. Ha un'infinità di chiese e preghiere, proprio come Giuda aveva un sacco di sacrifici. Ma se i cuori non amano davvero Dio, la città rimane malata.

 

Chiesa, anche noi siamo a rischio. Ogni volta che pensiamo che la lettura della Bibbia, la frequenza in chiesa, o il servizio cristiano possano giustificare il rifiuto di pentirsi dei peccati, siamo ingannati. Beh, “almeno non sono come quelli che non credono. Almeno non sono come i ragazzacci della mia classe. Almeno non siamo come quelli delle religioni false. Almeno non siamo come quell'altra chiesa.

 

La vera lode scaturisce solo da un cuore guarito attraverso il pentimento e la fede. L'automedicazione con funzioni religiose ci lascia vuoti, duri, e dispiace a Dio.

 

Secoli dopo Isaia, Gesù descrisse il popolo di Dio allo stesso modo. In Matteo 15,8 ha detto:

 

«Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me…».

 

L'apostolo Paolo ha descritto lo stesso inganno in Romani 10,2-3:

 

«…hanno zelo per Dio, ma zelo senza conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria {giustizia}, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio;»

 

Vuoto! Come pazienti disperati, cerchiamo cure alternative: fiducia in persone, ideologie, beni, perfino nella nostra religiosità impenitente. Ma sono falsi rimedi che ci lasciano vuoti e non guariti. Così era Giuda, così e la nostra città, e così rischiamo noi oggi: auto-medicarci invece di tornare a Dio.

 

Allora vi chiedo: dove siete tentati di cercare la ricetta sbagliata per la tua malattia? Con una religione vuota? Con uno sforzo personale? La verità è questa: nessun rituale, nessuna azione, nessuno sforzo può guarire un cuore lontano da Dio. Devi conoscere Dio. Conoscere Dio ti fa capire quanto sei malato e vuoto senza di Lui. Lo conosci? E non solo di nome?

 

3. Speranza? La promessa che ci guarisce (vv 16–20)

Speranza?! Isaia non era sorpreso dalla sua visione. Infatti, Mosè aveva già detto che Israele si sarebbe ribellato, che sarebbe arrivato il giudizio, ma che Dio li avrebbe anche invitati a pentirsi e avrebbe promesso la restaurazione. In Deuteronomio 29:4, scrisse:

 

«Ma fino ad oggi il Signore non vi ha dato un cuore per capire, né occhi per vedere, né orecchi per udire». Nel capitolo 30,6 profetizzò: «Il Signore tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, affinché tu ami il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, affinché tu viva».

 

La parola di Dio attraverso Isaia non finisce con una diagnosi fatale. Non si ferma al vuoto. Ci mostra la speranza, la vera speranza. La situazione del popolo di Dio non avrebbe dovuto essere una sorpresa. Ecco una promessa, un messaggio di speranza, dato da Dio stesso e non raggiunto con le proprie forze. Isaia lo ripete nei versetti 16-20, quando il Signore chiama il suo popolo al pentimento nei versetti 16 e 17:

 

«Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!»

 

Dio li sta chiamando a cambiare strada. Li sta invitando a tornare fedeli all'alleanza. Ma ecco il problema! Con i cuori malati, come potrebbero mai obbedire?! Con i cuori vuoti perché hanno riposto la loro speranza nelle cose sbagliate, come potrebbero mai pentirsi davvero? Ancora più scioccanti della situazione di Giuda sono le parole di Dio nel versetto 18-20:

 

«Poi venite, e discutiamo», dice il SIGNORE; «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana. Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada», poiché la bocca del SIGNORE ha parlato.»

 

Sentite il messaggio di speranza? Sentite la ricetta che può guarire la nostra condizione terminale, i nostri cuori vuoti? Sentite la grazia di Dio? Il Giudice che li ha convocati in tribunale è anche il Redentore che offre loro la purificazione. Il Medico che diagnostica la loro malattia terminale è anche il Guaritore che promette una cura.

 

Ciò che loro non potrebbero mai realizzare con sacrifici, cerimonie o buone intenzioni, Dio stesso promette di farlo. Li laverà e li renderà puri. Prenderà i peccati scarlatti e li renderà bianchi. Dio non espone la malattia che divora il suo popolo senza offrire loro anche la cura.

 

L'obbedienza non scaturisce dall'automedicazione, ma dalla grazia purificatrice di Dio. Solo il Medico Divino può farlo, avvicinandosi al nostro cuore malato. Ciò che Mosè aveva predetto, ciò che Isaia aveva proclamato, Cristo ha realizzato. Egli è colui che ci purifica dal peccato. Il suo sangue lava le macchie scarlatte rendendole bianche come la neve (1 Giovanni 1,7). Il suo Spirito ci dà il cuore nuovo che Mosè aveva promesso (Romani 2,28-29). La speranza che Dio offre attraverso il libro di Isaia si realizza in Cristo.

 

Amici, non è solo una causa legale quando Dio dice: «Venite, e discutiamo» (v.  8), è un invito. Egli ci chiama nella sala medica, non solo per darci una diagnosi pesante, ma per offrirci una cura. Ci chiama in tribunale, non solo per condannarci, ma per offrirci il perdono. Ci chiama a discutere e ragionare con Lui, a confessare la nostra colpa, ad ammettere il nostro vuoto, e a ricevere la Sua promessa di vera speranza che può guarire i nostri cuori spezzati, e trasformare la nostra città.

 

Quindi, in conclusione, vi chiedo: continuerete a cercare di curarvi da soli con una religione vuota e con altre medicine? Continuerete a cercare di riempire il vostro vuoto con le vostre opere, i vostri sforzi, la vostra bontà? O vi rivolgerete all'Unico Medico che può guarire un cuore marcio e dargli vita? Pentitevi per aver cercato la speranza in cose diverse da Gesù. Ma se rifiuti, non c’è una vera speranza per te. Il Signore disse che sarai divorato (vv. 27-28).

 

La serie che stiamo per iniziare racconta la storia di due popoli, due città, due regni e due creazioni. È la storia di due percorsi, due ricette: uno che porta alla disperazione, ai cuori spezzati, e al giudizio, l'altro che porta al pentimento, alla guarigione, al ripristino della fiducia, e alla speranza eterna.

 

Con l'aiuto di Isaia, vedremo come Dio ha promesso la vera speranza ai cuori spezzati e sentiremo come, nella sua sovranità, ha mantenuto quella promessa. Se hai bisogno di speranza, ti viene offerta. Unisciti a noi nello studio del Vangelo secondo Isaia e condividiamo con gli altri ciò che stiamo imparando. Si può fare con e tre parole che abbiamo evidenziato stasera e che ci aiutano a riassumere il nostro bisogno della vera speranza: Colpa, Vuoto, Speranza?.

 

Colpa!: Il peccato è come una malattia mortale, e tutti noi nasciamo malati di essa davanti a Dio.

Vuoto!: La nostra “medicina” non funziona, ci lascia solo vuoti e non guariti, con vite, famiglie e città distrutte e alla ricerca di qualche speranza.

Speranza?: Dio è il vero medico che ci offre la vera cura e una guarigione reale in Cristo, la speranza per chi ha il cuore spezzato.

 

La speranza è per quelli che capiscono di essere malati, che ammettono che il loro cuore è spezzato dal peccato e che credono nel Medico Divino per fare quello che noi non possiamo fare: purificarci, darci un cuore nuovo, e permetterci di adorare Colui che dà speranza eterna attraverso la fede in Gesù Cristo. Questo è il Vangelo che Isaia proclama, racchiuso anche nel suo nome, perché Isaia significa “Il Signore salva”.

 

Anche qui nella città di Roma, che non è molto diversa da quella di Giuda, Dio ha stabilito una minoranza, un fedele residuo. Possa il Signore benedire il nostro viaggio attraverso Isaia questo autunno. Che il Signore ci permetta di essere un faro di speranza per i cuori spezzati della nostra città.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.