Art(e)vangelo: Contemplare il vero capolavoro - Giovanni 1,10-18

Predicatore: Leonardo De Chirico

Qual è il capolavoro di Michelangelo? La Cappella Sistina? Il Davide a Firenze? Il Mosè di San Pietro in Vincoli? La Cupola di San Pietro? Gli studiosi discutono e noi possiamo avere le nostre idee secondo le preferenze di ciascuno. Per ogni artista, è difficile dire qualche sia il vero capolavoro e l’opera più riuscita. Qual’ è il capolavoro di Dio? Pensiamoci: tutta la creazione è stata dichiarata buona/bella. Al centro di questa splendida mostra d’arte ci sono l’uomo e la donna che portano l’immagine di Dio. Dopo la creazione di Adamo ed Eva il mondo è diventato “molto buono/bello” (Genesi 1,31). Si potrebbe pensare che siamo arrivati al massimo dell’opera d’arte di Dio, al capolavoro. In un certo senso è vero. In quel momento storico, Adamo ed Eva erano il capolavoro. Eppure, da subito dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio annuncia la venuta della progenie della donna (3,15), poi annunciato come “messia”, “re”, “servo del Signore”. Paolo addirittura lo chiama l’ultimo Adamo (1 Corinzi 15,45). In realtà, Adamo era il capolavoro della creazione iniziale, ma era solo una figura di colui che doveva venire (Romani 5,14). Il vero capolavoro sarebbe venuto dopo, come un secondo Adamo, l’ultimo Adamo.

Dal profeta Isaia ci è detto che il vero capolavoro sarebbe venuto senza attirare gli sguardi (53,2), non avendo forma o bellezza per imporsi. Infatti, il capolavoro, Gesù Cristo, è venuto, ma non è stato riconosciuto da chi si aspettava un uomo bello, imponente, attraente, potente. Per riconoscere il capolavoro per apprezzarlo, per ammirarlo, non bastano i sensi estetici che sono attratti dalla bellezza, dalle forme, dalle apparenze. Se uno cerca di avvicinarsi a Gesù con i codici della bellezza e della sensualità artistica, non lo riconosce.

Perché? Il nostro testo ci dice chi può riconoscere il capolavoro e come. 

1. Bisogna essere nati da Dio
I nostri sensi artistici, i nostri codici della bellezza sono parte del nostro corredo naturale di esseri umani. Nei termini del vangelo di Giovanni, nascono con il sangue e la carne (v.13). Sono parte della nostra natura e della nostra cultura. Ebbene, con questi codici non riconosciamo Gesù Cristo come capolavoro assoluto. L’apostolo Paolo dice che i giudei cercavano miracoli (1 Corinzi 1,22): Gesù non ne faceva come e quando volevano loro e quindi non lo hanno riconosciuto come messia. I greci cercavano sapienza: Gesù contraddiceva le loro aspettative dichiarandosi Dio e uomo allo stesso tempo, e quindi non lo hanno riconosciuto come Dio. Se uno cerca un miracolo o un’illuminazione o un’attrazione o un’esperienza forte, non trova Gesù. O meglio Gesù non sarà per lui/lei attraente. Con “la carne e col sangue”, con i nostri codici, non arriviamo a Gesù.

Gesù può essere anche popolare, considerato una figura importante, stimato come grande personaggio, ma per contemplarlo non basta partire da noi e usare quello che siamo e abbiamo. Giovanni dice che bisogna essere nati da Dio (v.13), essere “figli di Dio” (v. 12). Più avanti, dirà “nati di nuovo” (3,3). Per contemplare la Parola fatta carne occorre avere i sensi ri-nati, la sensibilità ri-formata, la vista ri-aperta, l’estetica ri-orientata. Non è lo studio che fa nascere da Dio, non è il successo, non è la bravura accumulata … è un dono di grazia da ricevere per fede. Per entrare in relazione con Cristo bisogna avere accesso a cose che “occhio non ha visto e orecchio non ha udito” (Isaia 64,3 e 1 Corinzi 1,9), cioè nascere da Dio per vedere e udire le cose di Dio.

Tante persone, forse tu tra loro, hanno un’alta opinione di Gesù. Gesù è sempre uno dei personaggi più popolari e famosi. Ma quanti lo contemplano? Quanti gli ubbidiscono? Quanti lo adorano? Giovanni dice di averlo contemplato! Lo ha potuto fare perché era nato da Dio; non era sensibile, era nato di nuovo! L’arte non porta a Dio se uno non è nato da Dio. Il vero capolavoro (Gesù Cristo, la Parola fatta carne) lo si ammira solo se siamo nati d Dio. 

2. Bisogna percepire la gloria dell’incarnato
Giovanni usa un verbo forte: “contemplare”. Non guardare frettolosamente, non sapere che esiste, non prendere atto che ci sia stato una persona chiamata Gesù. Questo non è contemplare. Contemplare è entrare in una relazione, essere avvicinati da Lui per essere trasformati da Lui, avere la vita intera intrisa della sua presenza da non poter distoglierla più da Lui. Contemplare il Cristo significa non contemplare più noi stessi: cioè non essere più centrati sul culto di sé e di altri, ma essere plasmati da Cristo. Con gli occhi della fede, vediamo la luce di Cristo illuminare la vita e ridargli il colore perso a causa del peccato. Come dice Agostino, la grazia è quel “collirio” che ripulisce gli occhi del nostro cuore accecato per farci vedere la gloria di Dio.

Quando si riceve la grazia, si inizia a vedere la gloria di Cristo. I sensi spirituali sono attivati e il mondo di Dio riprende colore. Si accende la luce della fede nell’oscurità dell’incredulità. Non significa avere un’esperienza sensoriale extra-corporea, “aumentata” o mistica: al contrario, Giovanni dirà nella sua prima lettera: “quello che abbiamo visto con i nostri occhi, quello che le nostre mani hanno toccato … lo annunciamo anche a voi” (1 Giovanni 1,1-3). La Parola è stata fatta carne: non era un fantasma o un’apparizione. Gesù è stato carne e ossa, un corpo umano. Solo che per contemplarlo bisogna essere nati da Dio. La sua gloria è apparsa nei vari “segni” che ha lasciato: le sue parole, le sue azioni. Ogni giorno è costellato dai segni della gloria di Cristo: i cieli sopra di noi, la sorella a fianco, i cibi donati, l’amicizia gustata, … tutto ci parla della gloria di Cristo per chi è nato da Dio. La sua gloria appare in modo supremo nella pazzia della croce e nello scandalo della croce (1 Corinzi 1,23). Se ci avviciniamo alla croce con i nostri sensi artistici, non capiamo niente, anzi siamo perplessi e scandalizzati. Se, al contrario, ci avviciniamo con gli occhi della fede, ecco che lì c’è la gloria di Cristo, c’è la sapienza e la potenza di Dio. La croce è la chiave di lettura della gloria di Cristo, la password per entrare nel sistema operativo di Dio. Se non hai contemplato la croce, non hai capito niente di Cristo. “Noi abbiamo contemplato la sua gloria” dice Giovanni. L’hai contemplata tu? La contempliamo noi ogni giorno o ci facciamo distrarre da mille altre contemplazioni che frastornano e che offuscano i sensi spirituali?

3. Bisogna impratichirsi con la grazia e la verità
Per contemplare il capolavoro della persona e dell’opera di Gesù Cristo bisogna essere nati da Dio e contemplarne la gloria. Questa è la grammatica dell’estetica cristiana. Per vedere il mondo di Dio, bisogna essere nati di nuovo e contemplare la Persona giusta.

Come si può sviluppare la contemplazione della Parola fatta carne? Non ci sono tecniche di meditazione, né fughe dalla realtà. La contemplazione della gloria di Cristo non ha nulla a che vedere con la contemplazione mistica. Giovanni ci dice che cresciamo nella contemplazione della Parola tramite la grazia e la verità. Gesù Cristo è stato “pieno di grazia e di verità” (v.14). Dalla sua pienezza noi abbiamo ricevuto “grazia su grazia” (v.16); la grazia e la verità sono venute per mezzo di Cristo (v. 17). La grazia è un favore di Dio, un dono. La verità è un attributo di Dio che è veritiero e verace, un caposaldo di Chi lui è. Dio ci fa grazia e Dio dice la verità. Gesù Cristo è la via, la verità e la vita (14,6). Non si contempla Cristo fuori dalla grazia e dalla verità.

Molte persone si nutrono di rancore e di amarezza. Con questa dieta non si va da nessuna parte. Per crescere nei sensi spirituali che ci fanno contemplare il Signore, il cammino è quella della grazia e della verità. Un passo dopo l’altro. Non ci sono trucchi, non ci sono segreti. Si tratta di ricevere e di credere. Si tratta di rinascere e di ripartire. Si tratta di camminare nella grazia e nella verità. Su questi binari avremo comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo; e la nostra gioia sarà completa (1 Giovanni 1,4).


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.