Un invito a cena per capire chi sei - Luca 22,1-30

Predicatore: Gioele Di Bartolomeo

Nel vangelo di Luca stiamo arrivando all’apice del mandato terreno del Signore Gesù Cristo. Siamo ad un passo dalla sua morte, ad un giorno dal Sacrificio sulla croce. Il Suo Regno sta per essere instaurato e Gesù invita i suoi discepoli a partecipare alla festa della Pasqua. Non era certo la prima volta che Gesù festeggiava la festa degli azzimi, ma questa celebrazione non fu come tutte le altre. Quella festa infatti è stata l’ultima cena di Gesù prima di affrontare il calvario ed è stato il momento in cui il Signore ha instaurato l’ordinamento della Santa Cena che, anche oggi dopo la predicazione, celebreremo insieme. Un momento per sederci alla tavola del Signore ed essere posti davanti alla potenza del Dio Figlio.

Ognuno di noi sa che, a tavola si ha l’opportunità di conoscere una persona. Con l’occasione del pasto possiamo notare il modo in cui siede, il modo in cui mangia ed il modo in cui parla. Davanti ad una tavola imbandita parliamo, ci apriamo e conosciamo più profondamente i nostri commensali. Invitando qualcuno a cena possiamo capire chi è davvero. Ma quando ci si siede alla cena del Figlio di Dio le dinamiche sono diverse, sono invertite. Il Signore Gesù non ha bisogno di osservarci per capire chi siamo, lui ci conosce nel profondo dei nostri cuori (Giovanni 2,24-25). Ciò che accade invece è che viene svelato ciò che siamo noi (Salmo 32,5): amici, nemici, tiepidi, disonesti, fragili o forti. A cena con Gesù, i nostri tentativi di mostrare ciò che non siamo falliscono miseramente. A tavola con Gesù la nostra natura viene allo scoperto, la nostra relazione con Dio e lo stato del nostro cuore diventa evidente. La menzogna non può resistere e la verità viene fuori.

Attraverso il brano che abbiamo appena letto ti voglio invitare oggi a sederti con il Signore a questa cena. Dal testo vedremo insieme tre tipi di invitati: l’amico che tradisce, il commensale che festeggia ed il grande che serve. Lasceremo che la Parola di Dio ci mostri come fuggire il primo e perseguire gli altri. Che Dio scavi nel nostro cuore e ci mostri la condizione delle nostre vite per la sua Gloria e l’avanzamento del suo Regno.

 

L’amico che tradisce? (1-6, 21-23)

Alle porte della festa della Pasqua gli scribi ed i Farisei desideravano mettere a morte Gesù ma avevano timore del popolo (1,2). Satana allora entro in Giuda, uno dei dodici (3), che risolse il problema parlando con gli oppositori del Signore e proponendosi come traditore (4). Il patto venne concordato, Giuda avrebbe consegnato Gesù di nascosto dalla folla ed in cambio avrebbe ricevuto del denaro (5,6).

Lo sfondo nel quale la Pasqua si stava preparando era quello dell’attentato verso Gesù. Il popolo aveva visto le cose straordinarie che il Signore aveva compiuto, aveva assistito ai miracoli, aveva ascoltato l’annuncio della Salvezza e l’aveva vista nella persona del Dio Figlio, ma per i capi del popolo tutto ciò era blasfemia. Gesù non poteva e non doveva essere il Messia. Gesù doveva morire e l’unico modo per non innescare un’insurrezione popolare era quella di farlo consegnare da un suo amico. Perciò quei giorni, in vista della cena del Signore, Satana entrò in Giuda, o come spiega il vangelo di Giovanni al capitolo 13,2, “[egli] aveva […] messo in cuore a Giuda Iscariota […] di tradirlo”. L’atto di Giuda di accordarsi per il tradimento del Signore non fu un atto passivo o una possessione di cui fu vittima. Ma fu la decisione scellerata di abbandonare il suo cuore nelle mani del signore sbagliato. Gesù conosceva le intenzioni del suo amico e commensale (21). Tuttavia, il Signore sapeva che il tradimento di Giuda rientrava in un piano molto più grande di quello dei sacerdoti e dei capitani. Tutto quello che stava accadendo infatti era parte del progetto di Dio per la salvezza dal peccato. Ma guai a chi si fosse macchiato del tradimento dell’unico uomo giusto. Chi mai avrebbe potuto farlo? (22,23). Giuda lo fece e la sua rovina fu grande. Giacomo 4 al versetto 7 dice “sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi”, ma Giuda non lo fece. Seduto alla cena del Signore, il traditore viene smascherato ed il suo cuore bugiardo non può rimanere nascosto. L’amico è in realtà il traditore. Per Giuda Gesù era un Rabbì (Matteo 26), un maestro, qualcuno da cui imparare, ma non era i Signore, non era il Salvatore, non era il Re dei Re, per questo il suo cuore era il candidato perfetto di Satana.

Anche nelle nostre chiese corriamo il rischio di vivere una fede intellettuale, distaccata, dove il nostro rapporto con il Gesù è solo quello che possiamo avere nei confronti di un maestro. Si, Gesù è il grande maestro ma Gesù è il Signore. La nostra relazione con Lui non si basa su delle nozioni apprese negli anni, ma su un patto con Dio del quale Lui si è fatto garante. Gesù attraverso il sacrificio sulla croce ci ha inserito in una relazione pattizia ed è diventato il nostro Signore e Salvatore. Gli insegnamenti di un maestro possono cambiare una vita, ma quelli del Signore la salvano. Gesù ci ha salvato per vivere in un’ottica Eterna, come dice l’Apostolo Paolo: “Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini” (1Cor 15,19). A tavola con Gesù, cosa sta venendo fuori? Se Gesù non impatta la tua vita, se è solo un buon maestro, se rimane isolato solo ad alcune sfere della tua esistenza, il tuo cuore è in grave pericolo. Forse sei seduto alla cena sbagliata.  Ravvediti e riconosci che Gesù Cristo è il Signore e vieni alla tavola del Salvatore.

 

Il commensale che festeggia? (7-18)

Il giorno della Pasqua Gesù aveva mandato Pietro e Giovanni per preparare la cena (9). Le istruzioni furono di seguire un uomo con una brocca d’acqua che li avrebbe condotti presso una casa dove, con l’assenso del padrone, avrebbero dovuto allestire per la sera (10-12). Gli apostoli prepararono ogni cosa e giunta l’ora si sedettero a tavola (13,14).

Gesù indica il posto in cui la cena doveva essere consumata e lo fa manifestando ancora una volta la Sua divinità. Non sappiamo se volesse tardare i piani dei suoi nemici o altro, ma ciò che vediamo è che insieme all’obbedienza umana di festeggiare la Pasqua, coesiste la sovranità del Dio Figlio di fare ogni cosa. Si, il Signore Gesù desidera mangiare la Pasqua e condividere il vino con i suoi discepoli, sapendo che non l’avrebbe più mangiata fino a quando non l’avrebbe compiuta (15-18). Ma, Gesù è Dio e mentre desidera ardentemente condividere la cena con i suoi amici, sta compiendo il significato stesso della Pasqua. Gli apostoli sono a tavola con il Dio uomo e ciò che stanno festeggiando non è più una salvezza che verrà ma una che è arrivata e siede in mezzo a loro.

“19 Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20 Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi”.

Quel momento che stavano vivendo non era più più la Pasqua che ricordava l’ultima piaga d’Egitto, quando morirono i primogeniti degli Egiziani e gli Israeliti furono risparmiati a causa del sangue dell’agnello che era stato spruzzato sugli stipiti delle loro porte (Esodo 12). Non più il momento dell’agnello arrostito come rappresentazione di ciò che sarebbe arrivato, ma la Pasqua del nuovo patto, quella dell’“Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Gesù ci ha invitato alla cena del Signore per festeggiare con Lui spiritualmente, in vista del già della sua vittoria sul peccato e del non ancora del Suo ritorno in cui mangeremo fisicamente insieme. Come sei seduto alla tavola del Signore? Quale gioia stai sperimentando, quale liberazione e piacere stai provando? Siamo dei commensali che hanno dei disordini alimentari spirituali? Che hanno perso la gioia ed il piacere della partecipazione alla festa del Signore? Abbiamo smesso di nutrirci della Parola di Dio? Abbiamo sostituito il cibo della tavola della festa con le nostre aspettative, le nostre frustrazioni? Abbiamo sostituito il vino della preghiera con le bevande sinuose del relax o delle meditazioni orientali? Che commensale sei? Ricerca la gioia nel Signore, dimora nella sua Parola, ricerca le discipline spirituali e godi della sua tavola. Quando in un banchetto non proviamo la gioia della condivisione e della festa, allora siamo nel tavolo sbagliato. Vieni alla tavola del Signore, ravvediti del tuo peccato, riconosci la validità dell’opera di Salvezza di Gesù Cristo per la tua vita e lasciati trasformare nel commensale che festeggia. 

 

Il Grande che serve (24-30)

Fra gli apostoli nacque una contesa su chi di loro fosse il più grande (24). Gesù aveva appena detto nei tre versetti precedenti che sarebbe stato tradito da uno di loro; eppure, nonostante un’iniziale sgomento gli apostoli iniziarono a discutere tra di loro su chi fosse il più importante. Il Signore rispose che “Si” è vero, nel mondo chi è primo e chi signoreggia è considerato grande, ma non è così nel Regno di Dio (25). Come il Signore è venuto per servire, così i suoi discepoli sono chiamati a mostrare la grandezza nel servire i più piccoli (26,27).

Dopo tre anni a fianco del loro Signore, gli apostoli non avevano ancora compreso il piano di Dio per i suoi Figli. Ad un passo dal dramma della croce, gli amici di Gesù discutono su chi di loro fosse il più grande. Proprio durante la cena del Signore il loro cuore è venuto fuori. Ma Gesù coregge il tiro dei suoi amici. Lui è venuto per sacrificarsi al posto del peccatore, è venuto per servire. Il Salvatore è nato in una stalla, fu posto in una mangiatoia, ha vissuto una vita umile, ha lavorato, ha guarito, ha nutrito, ha provato la fame, l’abbandono, il tradimento e la sofferenza senza mai commettere peccato per morire sulla croce pagando il peccato dei perduti. Il grande Dio Figlio ha insegnato il servizio e chiama i suoi discepoli a seguire il loro Signore in nome della loro fede (28), alla luce del regno futuro, affinché possano partecipare un giorno alla tavola del regno di Dio dove gli increduli saranno giudicati (29-30). Gesù ci invita a seguire le sue Parole. Seduti alla tavola del Salvatore possiamo considerare la nostra chiamata ad essere dei servitori. Siamo stati salvati, resi Grandi dal sangue di Cristo per Servire. Troppo spesso anche noi come gli apostoli siamo spinti da una passione passeggera. Ci emozioniamo davanti alle necessità dei nostri vicini, delle notizie sconvolgenti, come la vita straordinaria di un fratello o una sorella. Ma quando questo passa come i discepoli torniamo a cercare la grandezza, ad essere serviti più che a servire. Se non siamo proiettati verso il servizio il nostro cuore sarà presto tarlato dai nostri desideri e dalle frustrazioni. Cominceremo a guardare alle nostre vocazioni in maniera insoddisfacente, cominceremo ad accentrare il fulcro della vita su noi stessi perdendo il grande disegno del Vangelo. Dio ci ha salvato per essere servi del Signore. Ci ha chiamato a mostrare il Suo amore qui a Roma, servendo questa città in maniera regale, sacerdotale e profetica.  Ci ha chiamato a mostrarlo nei nostri matrimoni, nelle nostre chiese, nelle nostre amicizie, come dice l’apostolo Paolo “servendo con benevolenza, come se serviste il Signore e non gli uomini” (Efesini 6,7). Sei un grande che serve o stai aspettando di essere servito dagli altri. Forse stai pensando di avere dato già molto, che ora è il momento di ricevere un po', ma Gesù ci chiama a seguire il Suo servizio. Un servizio che non si è fermato alla morte ma che l’ha sconfitta con la resurrezione affinché anche noi potessimo essere servi del Padre celeste.

Che lo Spirito Santo possa lavorare nel nostro cuore per renderci dei commensali gioiosi che servono come ha servito il nostro Signore Gesù Cristo alla Gloria di Dio Padre.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.