Il regno inarrestabile - Luca 23,44-24,12

Predicatore: Gioele Di Bartolomeo

Nelle ultime predicazioni abbiamo spesso sottolineato che il vangelo di Luca si stava avvicinando sempre di più all’apice del mandato terreno del Signore Gesù Cristo. Ora ci siamo. Nel testo di oggi ci troviamo difronte al momento della morte del Signore Gesù, al Suo seppellimento ed alla Sua resurrezione. Siamo nel picco della storia, siamo in ciò che può essere considerato il fulcro del Vangelo di Luca.

Quello che accade in questi pochi versi è ciò che ricordiamo ogni domenica nella cena del Signore. È il momento che caratterizza l’intero messaggio del vangelo e cioè che Gesù, Dio fattosi uomo, si è dato alla croce come un agnello sacrificale, per pagare il prezzo del peccato e provvedendo la salvezza di chi aveva creduto in Lui e per chi avrebbe creduto in Lui. Il Signore, innocentemente, ha sperimentato l’abbandono dei suoi amici, l’agonia della crocifissione, l’amarezza della morte per poi resuscitare vittorioso il terzo giorno. Senza questi versetti non può esserci Vangelo, non può esserci la buona notizia. Senza questi eventi nessuna salvezza sarebbe stata possibile.

Ma mentre alla luce di questo testo parliamo di apice, di gloria, di buona notizia, di compimento, di regno e di conquista dobbiamo ricordare che nel medesimo tempo è stato il momento più miserabile della storia dell’umanità. Se nel piano redentivo di Dio siamo giunti alla vetta di questo percorso, ciò che i nostri occhi vedono è esattamente il contrario. Siamo al punto più buio di sempre: l’unico giusto, l’unico che dopo Adamo ed Eva abbia mai calpestato questa terra senza commettere peccato, l’unica speranza di salvezza per l’uomo è stato ucciso. Rimaniamo confusi, increduli davanti al male, eppure Romani 3,25 ci dice che Dio lo aveva prestabilito. Il regno, infatti, in questo momento così terribile non si è fermato ma va avanti e passa anche attraverso strade che a noi paiono disperate e prive di uscita. Come dice Paolo in 1 Corinzi 1,18 “la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio”. Il regno di Dio è inarrestabile anche davanti alla morte ed a ciò che può sembrare la fine.

Vogliamo perciò vedere insieme come anche nelle nostre vite, nel buio, nella confusione e nell’incredulità, possiamo vedere il Signore al lavoro ed il Regno avanzare.

1.     Nel buio, rimettiti nelle mani giuste (44-49)

Era circa mezzogiorno e calò il buio su tutto il paese, il sole si oscurò e la cortina del tempio, cioè quella tenda che divideva il luogo santo da quello santissimo, si squarciò. (44,45). Nell’ora più luminosa del giorno tutto si fece scuro. Davanti alla tragedia che si stava compiendo non c’era più nulla degno di essere illuminato. I vangeli ci parlano di un momento terribile, di terremoto e della completa rottura della tenda nel tempio. Ora non c’era più bisogno di qualcosa che rappresentasse la divisione tra Dio dall’uomo. Non c’era più bisogno di sacrifici per avvicinarsi a Dio. Gesù si stava sacrificando per essere l’unico mediatore tra Dio e l’uomo.

Lì sul Golgota, nel pieno dell’agonia della croce il Signore gridò al Padre. Rimise nelle sue mani il Suo Spirito e spirò (46). Gesù era morto davvero. Al contrario di quello che i suoi seguaci si sarebbero aspettati (Marco 8,32), non erano arrivati angeli a spianare tutto. Gesù non era sceso miracolosamente distruggendo tutti i Suoi nemici. Il Cristo è morto sulla croce.

Ciò che stava accadendo era così evidentemente sbagliato che anche il centurione romano, vedendo i fatti glorificava Dio perché quell’uomo non poteva altro che essere ciò che diceva di sé stesso, il Figlio di Dio (Matteo 27,54), il Giusto (47). La folla che stava guardando capì che ciò a cui avevano partecipato era stata una grande ingiustizia e tornò a casa battendosi il petto (48). Era stato ucciso un innocente e suoi conoscenti rimasero a guardare tutto ciò da lontano (49).

Con la morte di Gesù si stava compiendo il piano redentivo di Dio. Si stavano adempiendo le parole del profeta Isaia: Il Signore “si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l'agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” contro i suoi oppositori (57,3). Eppure, in questo momento così importante non sentiamo trombe squillare e non leggiamo di momenti di giubilo. La mancanza di luce di cui ci parla il testo non era solo una situazione metereologica ma una condizione fisica, morale e spirituale. La luce della vita del Signore Gesù Cristo si stava spegnendo, la speranza nelle capacità morali degli uomini era del tutto scaduta e la fede dei discepoli si stava completamente oscurando. In questa profonda depressione, nel buio e davanti alla morte, Gesù, l’unico che avrebbe potuto far rivalere le sue ragioni di innocenza, si mette nelle mani sicure del Padre. Gesù rimette il Suo Spirito nelle mani del Padre e ciò produce gloria Dio nelle Parole del centurione:” veramente quest’uomo era giusto”. Il Regno di Dio va avanti.

Anche nelle nostre vite può scendere il buio. Un buio fisico, morale o spirituale. Possiamo essere provati dalla malattia, dalla sofferenza, dalla guerra o dalla morte dei nostri cari. Possiamo essere sfidati da momenti di depressione profonda dove tutto sembra fermo, grigio e privo di luce. Possiamo sentirci oppressi dal buio di questa città, bella da togliere il fiato ma soffocata dalle oscurità delle istituzioni malate, dal disinteresse delle guide, dalla corruzione nel posto di lavoro, dal mancato avanzamento e dall’ingiustizia dilagante. Oppure possiamo sentirci provati nel nostro spirito, possiamo essere provati dal nostro peccato, dalle nostre debolezze perdendo la gioia della nostra fede. Ma quando non vediamo luce la Bibbia ci ricorda che Dio non permetterà mai nella nostra vita tentazioni troppo forti da affrontare (1Corinzi 10,13). Il Signore Gesù ci insegna a rimettere il nostro Spirito nelle mani del Padre sapendo che, anche se il nostro uomo interiore si va disfacendo il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria (2 Corinzi 4,17-18). Nel buio rimettiti nelle mani giuste, grida al Signore cerca in lui conforto e salvezza.

2.     Nella confusione, vai avanti con fede (50-24,3)

C’era un uomo chiamato Giuseppe di Arimatea, un uomo giusto e buono che si era opposto alla condanna di Gesù (50-51). Anche se era parte del Sinedrio, quest’uomo rimase fermo nel riconoscere l’innocenza del Signore. Egli chiese a Pilato il corpo di Gesù e dopo averlo tolto dalla croce lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in una tomba scavata nella roccia dove nessuno era ancora stato deposto (52-53). La morte era vera, perciò, fu necessaria una vera sepoltura. Era ancora venerdì ed era il giorno di preparazione per il sabato (54) Le donne seguirono Giuseppe per vedere la tomba dove fu deposto il Signore, poi tornarono indietro e prepararono aromi e profumi, ma il giorno dopo come dice il comandamento, si riposarono (55-56). Dopo il sabato scesero al sepolcro con gli aromi preparati ma la tomba era aperta ed il corpo di Gesù non c’era più (24,1-3).

La sepoltura di Gesù è un momento intermedio tra l’agonia della croce e la gloria della resurrezione. Tuttavia, per chi lo stava vivendo era il momento in cui tutto era finito. Mentre lo calavano dalla croce il corpo del Signore era privo di qualsiasi anelito di vita e ciò che rimaneva da fare non era altro che pensare ad un sepolcro che potesse accoglierlo ed a preparare gli aromi ed i profumi per lavare la salma. La morte era vera. Il Messia tanto atteso era ormai morto. L’uomo Dio che aveva compiuto miracoli, che aveva guarito i malati, che aveva risuscitato Lazzaro dalla morte ora giaceva egli stesso in una tomba. Possiamo solo immaginare la confusione che accompagnava i pensieri di Giuseppe di Arimatea e delle donne che erano state con Gesù. Eppure, essi non si bloccano, non si perdono nella loro disperazione ma vanno avanti fiduciosi. Giuseppe non si rifugia nella sua amarezza ma si attiva affrontando il bisogno presente, cioè quello di provvedere una tomba per il Signore. Anche le donne vicine a Gesù non fanno di questa confusione e di questo dolore una scusa per dare spazio alla ribellione, ma rispettano il comandamento del riposo del giorno di sabato rimandando la cura del corpo del loro amato Signore. Vanno avanti con fede. Così fu molti secoli prima per un altro Giuseppe, nel libro della Genesi. Egli fu tradito dai suoi fratelli, venduto, accusato ed imprigionato ma andò avanti per fede affermando ai suoi carnefici “Voi avete macchinato del male contro di me; ma DIO ha voluto farlo servire al bene” (Gen 50,19). Nella confusione del momento della sepoltura, i figli di Dio vanno avanti con fede perché anche quando non capiamo possiamo confidare che “tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento” (Rom 8,28).

Cosa succede nella tua vita quando entri in confusione? Cosa accade quando non vedi più via di uscita? Cosa accade quando scopri che la malattia che stai affrontando è diventata incurabile? A cosa ti abbandoni quando tutto sembra non avere più una soluzione? Da chi e dove ti nascondi? Il Signore oggi ci chiama ad andare avanti con fede. Non fare del tuo dolore e della confusione un’occasione di peccato. La morte fa male, l’abbandono ci spezza e la malattia ci spaventa. Ma Dio Padre, nella nostra confusione, sta portando avanti un piano perfetto per il bene dei suoi figli.  “L'afflizione in questa vita” ci dice Giacomo “sopportata con fede, produce questo incomparabile, incommensurabile peso di gloria futura” (Gc 1,3). Nella sofferenza non fuggire dalla chiesa, non evitare i fratelli e le sorelle. Ricerca la comunione, ricerca la Parola del Signore, la preghiera e la lode. Non abbandonarti alla disperazione ma come gli amici di Gesù prodigati per il presente, nonostante la confusione e vai avanti con la fede nell’opera del Signore. Il Regno di Dio è inarrestabile, vai avanti anche tu con fede.

3.     Nell'incredulità, corri al sepolcro vuoto (4-12)

Mentre le donne erano perplesse davanti la tomba vuota apparvero loro due uomini in vesti risplendenti. Essi annunciarono alle donne che Gesù non era più lì. Gesù era vivo così come aveva già promesso loro (4-6). Infatti, in Matteo 17,22-23 leggiamo che il Signore aveva già annunciato ai suoi discepoli ciò che sarebbe accaduto in quei giorni. Il Messia, in Galilea aveva già profetizzato del suo arresto, della sua morte e della sua resurrezione, ma solo ora davanti al sepolcro vuoto le donne ricordarono le sue parole. Tornate dagli apostoli, Maria Maddalena, Giovanna e Maria raccontarono ciò che era successo e quello che avevano visto ma non furono credute (11). Solo Pietro corse alla tomba per guardare con i suoi occhi ciò che era successo (12). Lo stesso uomo che si era opposto a questo piano così doloroso (Marco 8,32-33) lo stesso che lo aveva rinnegato tre giorni prima (Luca 22), nell’incredulità corre a vedere la tomba vuota.

La resurrezione è stata il timbro finale sulle promesse di Dio. Quella tomba vuota significa che Gesù era davvero il Dio uomo. Significa che tutto ciò che era stato detto dal Signore, tutto quello che era stato promesso nella scrittura era ed è vero. Non ci sono più dubbi, non ci sono più i ‘vedremo’ o i ‘forse’. È tutto vero ed il sepolcro vuoto ne è la garanzia. L’uomo può davvero essere salvato dal peccato riponendo la sua fiducia in un mediatore vivo. Non c’è bisogno di indulgenze, non c’è bisogno di aspettare qualcun altro che provveda una salvezza, non c’è bisogno di essere perfetto per garantirsi una salvezza. Gesù lo ha fatto. Perciò non resta che ravvedersi al Signore vincitore. La resurrezione rende sensata la nostra fede e la convinzione della vita eterna e della resurrezione dai morti. Come dice l’apostolo Paolo in 1 Corinzi 15,14 infatti “se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede”. Eppure, la reazione delle donne prima e degli apostoli dopo è stata l’incredulità. Il Signore lo aveva detto, essi lo avevano ascoltato; tuttavia, questa verità aveva sfiorato il loro cuore senza però depositarvisi dentro. Come abbiamo detto prima, avevano visto grandi cose da parte del Signore ma questo era illogico, era fuori dalla loro capacità di comprendere. Tre anni ai piedi di Gesù non sono bastati a fidarsi pienamente delle sue parole e per liberarsi del tarlo dell’incredulità. Ma Pietro affronta la sua mancanza di fede correndo la Sepolcro vuoto. Pietro non rimane fermo nei suoi dubbi ma corre a vedere, corre a mettere in discussione la sua incredulità, corre a radicare le sue convinzioni sulle Parole di Gesù e sulla realtà del Suo essere vivo.

L’incredulità è un tarlo, una battaglia che porteremo avanti fino a quando non saremo col Signore. Ma possiamo considerarci già vincitori perché la nostra fede non si basa sulla nostra capacità di credere ma sulla capacità di Gesù di tenerci a sé. È il Signore che attraverso l’opera dello spirito Santo in noi ci permette di credere nella sua salvezza per noi. Sempre Paolo in Efesini 2,8 ci dice che la fede non viene da noi ma è il dono di Dio per noi. È una sua opera ed il Sepolcro vuoto ne è la garanzia. Quando combatti con la tua fede, torna al sepolcro. Quando ciò che vedi non lo comprendi, quando vacilli nella tua sicurezza in Lui, torna al Sepolcro e guardalo. È VUOTO. Perciò Gesù è Vivo. Torna alla Sua Parola, torna alla chiesa, torna alla fede. Gesù è vivo ed è con noi attraverso lo Spirito Santo e tornerà a prendersi la Sua Chiesa ed a giudicare l’incredulità. Se Gesù è Vivo possiamo continuare a lottare per il vangelo a Roma, se Gesù è vivo possiamo vivere vite fedeli con la certezza di rimanere uniti a Lui per l’eternità. Se il sepolcro è vuoto Gesù è vivo ed il Suo regno è inarrestabile.

Non rimanere bloccato dalla tua incredulità, credi nel Signore Gesù Cristo, affidati alla Sua opera di Salvezza per il peccatore, corri al sepolcro vuoto e gioisci. Il Salvatore è vivo ed il Suo regno non finirà mai.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.