Lavoro ma non solo lavoro - Luca 10,38-42

Predicatore: Leonardo De Chirico

 
 

Lavoro ma non solo lavoro - Luca 10,38-42


Voglio iniziare con un mazzo di carte. All’inizio del gioco vengono distribuite le carte ai giocatori che dovranno impiegarle nello svolgimento della partita. Nel gioco è normale che una carta venga giocata e non ci sia più e che un’altra venga pescata e che entri a far parte del mazzo. Nel gioco è normale che non tutte le carte siano uguali ma che siano di colore, di segno e di valore diverso. Nel gioco è normale che ci sia una carta jolly che può accompagnare qualsiasi mossa e che può far vincere la partita.

Permettetemi di paragonare il gioco delle carte alla nostra vita. Creandoci, Dio ci dà un mazzo di carte in mano. All’inizio è un mazzo essenziale, fatto di non molte carte. Crescendo, peschiamo la carta degli affetti ricevuti e donati, dell’educazione, della cerchia di relazioni importanti. Il mazzo cresce e le possibilità di gioco crescono. Crescendo ancora, si incontra un partner con cui si condivide la vita, si inizia un lavoro, si fanno esperienze varie. Altre carte aggiunte. Per la grazia di Dio, poi, si pesca il jolly che cambia la vita: il dono della salvezza in Gesù Cristo. Questa è la carta decisiva. La relazione ristabilita con Dio cambia la vita e si attacca ad ogni carta: gli affetti, il lavoro, la famiglia, ecc. Nella sua sovranità, oltre ad aggiungere nuove carte, Dio permette che alcune carte della nostra vita siano tolte: si perde il lavoro, muore una persona cara, la salute declina. Si deve imparare a giocare con meno carte e la partita può diventare difficile. Solo il jolly non verrà mai perso e, grazie a Dio, ci farà vincere.

Ecco, questa storia ci permette di entrare nel dialogo tra Gesù e le due sorelle Marta e Maria. La scena dell’incontro è molto chiara: Gesù arriva in un villaggio con il suo seguito di amici e donne che lo accompagnavano. Marta lo invita a casa sua e lo ospita facendo accomodare il gruppo. Si può facilmente pensare che, oltre a Gesù e ai suoi amici, ci fossero anche altre persone del villaggio: insomma una piccola grande folla che, improvvisamente, si ritrova in casa di Marta. Mentre Gesù inizia a parlare, Marta si trova a dover organizzare l’ospitalità: l’acqua, gli asciugamani, il cibo, l’assistenza a questo gruppo numeroso. C’è molto da fare per accogliere degnamente queste persone. Sua sorella Maria, invece di collaborare a rendere gradevole e possibile l’ospitalità, si siede ai piedi di Gesù e non si schioda da lì. Maria è seduta e rapita dalle parole del Signore, mentre Marta gira come una trottola preoccupandosi per tutte le cose da fare. Marta si è buttata a capofitto nelle attività. Siccome non c’è verso che Maria cambi idea, Marta si rivolge a Gesù lamentandosi e chiedendo il suo intervento affinché Maria si alzi e cominci a sgambettare per aiutare. Alla richiesta di Marta di sgridare Maria, Gesù ha una parola per lei, per Marta.

Quando noi chiediamo a Dio di parlare ad altri affinché capiscano qualcosa e facciano qualcosa, Dio vuole dire una parola a noi prima di tutto! “Signore, fai che mio figlio capisca”, “Signore, parla a mia moglie perché faccia questo”, “Signore, parla alla mia amica perché si muova”. E il Signore dice: prima di parlare a loro, ho una parola per te. Prima degli altri, tu ed io abbiamo bisogno di ascoltare la parola di Dio. Nella risposta di Gesù raccogliamo due provocazioni sul lavoro.

 

1. Il lavoro non è mai assoluto

Marta ha invitato il gruppo di Gesù a fermarsi a casa, ha visto il bisogno di organizzare l’accoglienza e si è messa al lavoro per renderla possibile. Marta è una lavoratrice seria, generosa, impegnata. Ha avuto una bella idea e si dà da fare per realizzarla. Gesù non la rimprovera per questo. Il lavoro è una benedizione di Dio. L’impegno è una benedizione. Il sudore della fatica del lavoro è una benedizione. Per molto tempo questo episodio è stato totalmente incompreso quando è stato visto come se dicesse che il lavoro è un’attività inferiore, meno importante, meno spirituale, e l’ascolto della Parola, la contemplazione, la devozione un’attività superiore. Per molti secoli si è detto, sbagliando, che la vita attiva è dei laici che si dedicano alle cose terrene, mentre la vita contemplativa è del clero e dei religiosi che si dedicano alle cose celesti. Su questo hanno sbagliato grandi padri della chiesa come Agostino.

E’ una lettura totalmente sbagliata. Gesù ha creato il lavoro. Gesù ha lavorato come carpentiere. Gesù ha benedetto il lavoro. Gesù ha guarito il lavoro. Ogni cosa, lavoro compreso, deve essere fatto alla gloria di Dio. Non è questo il punto. Qual è il problema di Marta allora? Il suo problema sta nel fatto che viveva il suo lavoro con affanno e agitazione (v. 41). Si era fatta prendere troppo dal lavoro. Era diventato così assorbente da non riuscire a vedere altro. La sua visuale si era così rimpicciolita, il lavoro l’aveva ingolfata, paralizzata. Lì c’era Gesù in persona che la invitava ad allargare lo sguardo, ad ampliare la visuale, ma lei non vedeva altro che il suo particolare. E’ come se lei volesse giocare solo con la carta del lavoro, dimenticando che il mazzo del gioco della vita ha sì la carta del lavoro, ma insieme ad altre carte. Se il lavoro diventa affannoso, oppressivo, agitante, totalizzante, prima di cercare il cambiamento in altri, fermiamoci un attimo e chiediamoci: sto vivendo solo per il lavoro? Mi sto facendo sovraccaricare dal lavoro? Sto coltivando il rapporto con Dio? Sto leggendo la Parola di Dio? Sto nutrendo le discipline spirituali della preghiera, della comunione fraterna, della testimonianza della fede? Sto trascurando gli altri impegni di vita (famiglia, riposo, amicizie?) Quando il lavoro diventa totalizzante, diventa un idolo e quindi una schiavitù. Il Signore ci dice: nell’affannarti per molte cose, non trascurare la cosa necessaria che regge tutto.

In questo episodio, il sedersi e mettersi all’ascolto di Gesù è la medicina alla frenesia del lavoro. E’ la carta per riequilibrare un gioco pericoloso. Ascoltare la Parola di Dio è la carta da abbinare al lavoro. Non da contrapporre al lavoro, non da sostituire al lavoro, ma da associare ad esso. Gesù non vuole distogliere Marta dal lavoro, ma vuole che integri il lavoro con l’ascolto, impedendo che la marea montante del lavoro sommerga tutto il resto. Come alla creazione Dio lavorò sei giorni e uno si riposò, così Marta e Maria avrebbero dovuto fare: lavorare e riposare in questo ritmo sano di vita. Marta aveva perso quell’equilibrio, mentre Maria lo aveva mantenuto. Gesù invita Marta a non perdere la grazia dell’ascolto e del riposo e a ripristinare una vita sana, fatta di cicli di lavoro e di ascolto ai piedi del Signore.

L’ascolto della Parola di Dio deve essere il presidio della la nostra vita per lavorare bene. L’ascolto della Parola è la chiave per l’ecologia del lavoro, per il benessere del lavoro e del lavoratore. Ogni giorno come persone, ogni volta possibile come famiglia, ogni settimana come chiesa, ascoltiamo la Parola di Gesù. Questo è necessario. Ne va del come lavoreremo! Non saremo più prestanti ed efficienti senza ascolto. Saremo solo più affannati e sopraffatti. Senza ascolto, perdiamo ciò che è necessario e quindi perderemo tutto.

 

2. Il lavoro non è per sempre

Nella breve ma intensa risposta di Gesù a Marta, il Signore le dà un altro spunto non per squalificare il lavoro, ma per renderlo umano. Torniamo all’immagine della vita come un gioco di carte. Man mano che la vita passa, il mazzo a disposizione si assottiglia. La salute viene meno, le forze non sono più quelle di una volta, l’energia diminuisce. Rimaniamo con poche carte da giocare. Più ci avviciniamo alla morte, meno carte abbiamo. Fino a quando rimaniamo con una carta sola con cui affrontiamo la morte e Dio con cui faremo i conti anche dopo la morte.

“Maria ha scelto la buona parte che non le sarà tolta” (v. 42). Nell’ascoltare Gesù e nel riposare ai suoi piedi, Maria ha fatto quella scelta di vita che niente e nessuno potrà toglierle e che rimarrà per sempre. Con l’età della pensione, il lavoro finirà. Con il venire meno delle energie e della salute, le attività che normalmente svolgiamo finiranno. Tutta la vita andrà a ridimensionarsi nei movimenti, nella capacità di tenere insieme tante cose, nella possibilità di reggere un ritmo tambureggiate. Il mazzo di carte a nostra disposizione si assottiglierà, ma una carta rimarrà decisiva e per sempre. Con una carta affronteremo la morte e ci presenteremo davanti a Dio. Il lavoro finirà, le occupazioni finiranno: ma non finirà il riposo davanti a Dio e l’ascolto della sua Parola. Anche in età avanzata, ascolteremo la Parola di Dio. Potranno toglierci il lavoro, ma nessuno potrà toglierci il rapporto personale con Dio.

Davanti a Dio non ci verrà chiesto quale lavoro abbiamo fatto. Il criterio d’ingresso nel paradiso non sarà il nostro curriculum lavorativo o su quanto ci siamo affannati per il lavoro. Sarà basato sull’ascolto della Parola di Dio e sulla risposta ad essa. “La fede viene da ciò che si ascolta e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10,17). Il lavoro è importante, ma finirà. L’ascolto della Parola di Dio è fondamentale e, al contrario, non finirà mai. Apri le tue orecchie e il tuo cuore all’ascolto di Cristo e anche il tuo lavoro cambierà.

Stai lavorando in modo affannoso e agitato? Mettiti ad ascoltare la Parola di Dio e siediti. Troverai la cura all’affanno e la calma del tuo cuore. Stai dedicandoti solo al lavoro? Male. Ricordati che ti verrà tolto. Coltiva da subito l’ascolto della Parola di Dio rispondendo con fede, perché questo non ti verrà mai tolto. Oggi, se ascolti la Parola di Dio, non indurire il cuore, ma rispondi con fede in Gesù Cristo, Signore e Salvatore: tu riposerai e anche il tuo lavoro sarà guarito.